Alle Stelline abbiamo immaginato (e visto) le biblioteche felici

Un resoconto semi-serio e parziale (oh, dono dell’ubiquità) del Convegno a Milano

“Parafrasando Tolstoj si potrebbe asserire che tutte le biblio-teche felici si assomigliano fra loro, ma ogni biblioteca infelice è infelice a modo suo.”

È venerdì 14 marzo, siamo a Milano, e siamo sedute in Sala Manzoni per la sessione mattutina del Convegno che, da ieri e per la diciannovesima volta, raccoglie annualmente bibliotecari da tutta Italia e, per il secondo anno consecutivo, attorno al concetto della biblioteca connessa. L’anno scorso si parlò di reti di territori, quest’anno di reti di comunità, quasi esclusivamente virtuali: “La biblioteca connessa. Come cambiano le strategie di servizio al tempo dei social network”.

Giuseppe Vitiello, Head Library & Knowledge Centre presso il NATO Defense College di Roma, sta raccontando una storia, che parla di come un po’ di anni fa la sua biblioteca all’improvviso fosse diventata una biblioteca infelice, nonostante tutte le operazioni classiche bibliotecarie venissero eseguite con il consueto rigore. Erano rimaste le prassi, ma erano venuti meno i lettori.
Ma cosa era successo e dove erano scappati tutti? Il tradizionale, anche se efficiente, non bastava più, di fronte al web, verso il quale lo svantaggio competitivo cominciava ad essere molto evidente e, in molto casi, inaffrontabile per gli strumenti a disposizione. Così i lettori erano migrati laddove le modalità di trasmissione dell’informazione erano assolutamente eccentriche rispetto al perimetro bibliotecario tradizionale.

Ci è piaciuta molto, questa storia: un po’ perché questi concetti binari così semplici – felice, infelice – sono immediati, un po’ perché, diciamocelo, quando negli articoli, nei discorsi e nelle conversazioni capita che ci troviamo affiancati argomenti quali biblioteca e social network ecco, è di solito poi tutto un’esplosione di antitesi dove, ovviamente, la biblioteca si trova associata alla terminologia più obsoleta, conservatrice e pedante. Non è un eufemismo, anzi, ma c’è da dire che oggi cominciano ad affacciarsi alcune realtà innovative e coraggiose (pensiamo alla Biblioteca San Giorgio di Pistoia, che è andata oltre Facebook per arrivare alla biblioteca geolocalizzata, tra locate based-service e gamification, e alla Salaborsa di Bologna), che hanno cominciato a demolire il muro di ostilità e di burocrazia che spesso pare alto tra le biblioteche e i bibliotecari da un lato (ma mettiamoci anche l’Ente Pubblico) e l’inclinazione all’innovazione e alla sperimentazione dall’altro.

Questa condizione ambivalente che lega le biblioteche e le strategie di social media marketing è ancora largamente diffusa in Italia, e lo stesso Stefano Parise, Presidente dell’AIB, nei suoi saluti che hanno aperto il convegno ha sottolineato l’importanza di partire da qui, dalla presa di coscienza e dalla successiva denuncia di una situazione che può e deve cambiare: basta sottovalutazione, basta approcci conservatori da parte di bibliotecari o enti pubblici, perché la biblioteca pubblica deve costruire comunità, e per farlo deve essere anche social.

Non abbiamo visto e sentito tutto, purtroppo: il programma era ricco, sessioni sia mattutine sia pomeridiane ma, soprattutto, contemporanee in più sale. Peccato. Ma ci siamo rifatte scambiandoci i racconti durante le pause, leggendo gli atti degli interventi, intercettando al bar per un caffè qualche ospite di cui avevamo perso il panel.

Johannes Neue della New York Public Library (attesissimo) ha – ci dicono, perché siamo arrivate tardi – incantato i presenti, che lo avrebbero voluto sentire parlare ancora e ancora: come costruire una Social Library, loro ce l’hanno fatta, ci ha spiegato anche un po’ come, adesso sta a noi.

Nelle due giornate si è parlato anche di responsabilità sociale delle biblioteche e dell’esperienza, non così remota, di una bookless library, una biblioteca senza scaffali e senza libri. E poi di Wikipedia, che è diventata un ambiente di lavoro conosciuto e frequentato da parte di molti bibliotecari, del ruolo dei social network nella comunicazione scientifica sul web. E si è parlato molto (forse troppo) di Facebook, se potesse davvero essere uno strumento adatto per la promozione della cultura partecipativa e per il consolidamento delle proprie comunità o per la costruzione di nuove. Se Twitter da più parti – pensiamo al panel Talked to each other, che ha portato alle Stelline anche editori e librai – è stato riconosciuto come un ottimo strumento (l’intenso live twitting dalle sale ha portato l’hashtag ufficiale #ConvegnoStelline nei TT), si dimostra ancora Facebook la finestra preferita dalle biblioteche che scelgono di aprire un canale tra i social network, perché più immediato, perché più diffuso, forse perché più facile. Ma l’importante – questo il leitmotiv – resta sapere raccontare delle storie, e che lo si faccia con un tweet, o con un’immagine, con un post su di un blog o una bacheca d Pinterest, questo sarà un valore aggiunto per chi racconta e per chi ascolta.

Insomma: proposte stimolanti raccontate da volti nuovi, curiosità verso mondi non strettamente biblioteconomici, idee per rendere le biblioteche (e gli utenti) un po’ più felici, questo ci ha lasciato il Convegno delle Stelline 2014, e stiamo già aspettando il prossimo anno.


Chiara Alboni

di Chiara Alboni – chiara.alboni(at)gmail.com – Coordinamento Rete bibliotecaria di Romagna

 

 

Valentina Ginepridi Valentina Ginepri – vginepri(at)gmail.com – Coordinamento Rete bibliotecaria di Romagna