Da Torino a Roma: la “Biblioteca del Salone”

I volontari della Biblioteca nel Salone con la Presidente AIB Rosa Maiello

Il 16 giugno scorso, su iniziativa della Sezione AIB Lazio, si è svolto presso la Biblioteca nazionale centrale di Roma un incontro con Enzo Borio, presidente della Sezione AIB Piemonte, per diffondere la conoscenza del bel progetto che dal 18 al 22 maggio 2017 ha animato il Padiglione 3 all’interno dei luoghi del Salone internazionale del libro di Torino. La Biblioteca del Salone è stata infatti il positivo esito di un progetto coordinato dalla Sezione AIB Piemonte in collaborazione con il prof. Maurizio Vivarelli dell’Università degli Studi di Torino: per la prima volta le biblioteche  di Torino e dintorni – civiche, universitarie, speciali, valdesi e metodiste – non sono state ospiti più o meno funzionali o di corredo, ma sono diventate “un pezzo di Salone”.

Un successo nel successo più ampio di tutta la manifestazione: non in moltissimi forse avrebbero scommesso sull’edizione 2017 del Salone del libro, contraddistinto negli ultimi anni da disagi economici e scelte gestionali non chiare – una crisi acuita nel 2016 dalla fuoriuscita dei grandi editori che hanno poi dato vita a Tempo di libri (1. edizione: Milano 19–23 aprile 2017). Milano che prova a strappare il “salone” a Torino – 30 giorni prima e solo 140 km più ad est – in quello strano paese che è l’Italia, con il più alto numero di festival sui libri e sulla lettura e una delle più basse percentuali di libri letti, con pochi lettori forti che leggono molto e molti che leggono poco o niente; dove, per una strana dinamica che vede l’offerta funzionare indipendentemente dalla domanda, il numero dei  libri  pubblicati continua a crescere mentre il numero dei lettori rimane basso. E dove un progetto di legge sulla lettura – il cui esame è ora rinviato; ma si veda al riguardo l’appello dell’AIB – si occupa più degli editori che dei lettori (Atto Camera 1504 “Disposizioni per la diffusione del libro su qualsiasi supporto e per la promozione della lettura”).

Alla base dell’indiscusso successo del Salone di Torino, paragonato in aggiunta al debole risultato di Milano (stigmatizzato, a festa finita, dai titoli dei quotidiani; ma non è buon metodo giudicare dalla prima puntata) sono stati diversi fattori, ma tra tutti, nelle molte interviste e commenti, sono stati sottolineati l’atmosfera, il clima di fiducia e di coraggio: una “fabbrica dell’entusiasmo” secondo la definizione di Paolo Di Paolo, un sentimento di sano orgoglio che ha innervato le attività del Salone ed è stato ricordato anche da Enzo Borio quando alla Biblioteca Nazionale di Roma ha narrato di questa esperienza come di un’avventura. Il suo racconto, che ha conquistato un pubblico molto partecipe, è stato caratterizzato da un tono epico, quasi come un viaggio nel quale, al momento della partenza, non molto si sapeva sull’ipotetico approdo.

Con Massimo Bray

Biblioteche di tutte le tipologie avevano aderito al progetto dell’AIB e il primo nodo che doveva essere risolto consisteva proprio nel trovare il modo di renderle partecipi oltre alla mera rappresentanza istituzionale, rispettandone l’identità e considerando che il progetto coinvolgeva bibliotecari di istituzioni diverse che, per la prima volta, si trovavano a collaborare; inoltre dal loro lavoro doveva generarsi un legame con librai (e librerie), anche loro per la prima volta al Salone.

Le diverse biblioteche rappresentate dalle esperienze, competenze, conoscenze delle bibliotecarie e dei bibliotecari che hanno collaborato al progetto sono diventate un’unica biblioteca armonica, che non rinuncia ad essere sé stessa – ossia al suo ruolo di strumento di orientamento, di conoscenza e di esplorazione del Salone e del mondo reale – ma lo fa in modo dinamico e contemporaneamente esemplare.

Enzo Borio ha parlato, a proposito del lavoro fatto dai bibliotecari, di embedded librarianship, ossia di un modello strategico di collaborazione e di integrazione che, con il sostegno fruttuoso e maturo della tecnologia, mette i professionisti dell’informazione in relazione con gli individui o i gruppi di lavoro che hanno bisogno dei loro saperi.

L’idea attorno alla quale ruotava il progetto era ispirata alla prassi ideata da Aby Warburg, grande storico dell’arte e studioso della pittura fiorentina, per sistemare la sua biblioteca, dove i volumi non venivano ordinati seguendo principi biblioteconomici definiti ma organizzati secondo quattro grandi categorie (Azione, Orientamento, Parola, Lingua), quattro direzioni dell’approccio interdisciplinare che lo studioso avrebbe seguito anche nelle sue ricerche; all’interno di ogni sezione vigeva un criterio di prossimità culturale tra le opere, “di buon vicinato” che avrebbe indicato ai lettori potenziali la via per raggiungere il libro.

Azione, orientamento, parola e immagine (quest’ultimo concetto ha sostituito nel progetto torinese il warburghiano “lingua”) diventano dunque i punti cardinali attorno ai quali le bibliotecarie e i bibliotecari, organizzati in gruppi di lavoro per ogni percorso di ricerca e supportati dalla tecnologia della piattaforma digitale di social reading AUREOO, sulla quale si erano precedentemente formati, creano 49 mappe concettuali, multimediali e interattive: percorsi di ricerca fatti di immagini, siti, materiali audio, libri e bibliografie; i titoli presentati nelle bibliografie possono essere direttamente ricercati nei cataloghi, mantenendo forte valenza al ruolo di mediazione informativa e culturale della biblioteca, o acquistati nelle librerie. Collegandosi al sito di AUREOO è tuttora possibile consultare tutte le mappe realizzate per il Salone: https://www.aureoo.com/it/partners/salone–del–libro–di–torino–2017.

Borio ha poi sottolineato l’importanza e la necessità di comunicare efficacemente il progetto. Ed ha, anche, fatto cenno ad alcune problematiche alle quali non era stato possibile dare soluzione: problemi tecnologici che devono essere approfonditi, necessità e difficoltà  nell’aggiornamento dei percorsi, differente livello di approfondimento dei percorsi stessi: tuttavia rimane forte l’impressione di aver dato peso al valore civile connesso alla presenza attiva della biblioteca nei giorni della manifestazione.

E forse, nella tanto dibattuta questione su cosa deve essere oggi una biblioteca – democrazia fantasia servizio persone passione universo libertà, in rigoroso ordine non alfabetico – questa potrebbe essere una via, un’indicazione per essere nel tempo ma non alla moda, uno strumento di esplorazione dei territori della conoscenza e, contestualmente, un modello di collaborazione, integrazione e reciproca valorizzazione tra i diversi soggetti della filiera del libro.


Giusi D’Alessandro. LUMSA Università. g.dalessandro[AT]lumsa.it