Cosa attendersi dalle biblioteche dopo la pandemia? Due domande a R. David Lankes

Ancora su biblioteche e Covid 19: questa volta Francesco Mazzetta ne parla con R. David Lankes

Proprio durante il periodo del lockdown, Editrice Bibliografica ha pubblicato l’edizione italiana di Expect More: Demanding Better Libraries For Today’s Complex World, testo che R. David Lankes ha pubblicato nel 2012 rivolgendolo non ai bibliotecari ma agli utenti, reali e potenziali, delle biblioteche esortandoli a richiedere di più da esse: non solo libri ed eventi di promozione della lettura, ma servizi utili alla comunità, sulla scorta di quanto proposto ai bibliotecari nel suo Atlante. L’edizione inglese è disponibile liberamente in formato elettronico sul sito dell’autore (https://davidlankes.org) mentre l’edizione italiana, col titolo Biblioteche innovative in un mondo che cambia, ha la cura di Anna Maria Tammaro ed Elena Corradini. Tale edizione italiana, uscita con non pochi anni di ritardo e per di più in una situazione critica per tutti i servizi e specialmente per quelli bibliotecari, ci ha spinto a chiedere un parere a Lankes su quale possa essere il ruolo della biblioteca e dei bibliotecari nel mondo post-Covid-19, alla luce di quanto da lui stesso scritto a suo tempo.

Durante la pandemia ha raccolto informazioni su come le biblioteche affrontavano il “lockdown” e la chiusura dei servizi in presenza. Ci può dire quali sono state le risposte? Quali sono i punti di forza e quali quelli di debolezza incontrati?

Durante i mesi di marzo e aprile, la mia scuola e le biblioteche che aderiscono a Public Libraries 2030 (https://publiclibraries2030.eu) hanno collaborato alla formazione professionale mentre molti bibliotecari lavoravano da casa. Al suo interno è stata effettuata una serie di conversazioni con bibliotecari su diversi argomenti e su come dovrebbero essere le biblioteche dopo la crisi iniziale. Come parte di queste conversazioni e con l’obiettivo di raggiungere la rete di persone che si costruisce nel corso di una carriera, sono emersi alcuni temi.

I corsi di formazione bibliotecaria hanno fatto un ottimo lavoro nel dare un senso di servizio e reattività nei primi giorni dell’epidemia. La preparazione formale nelle aree dei principi e dell’etica ha prevalso piuttosto brillantemente sulla formazione delle competenze. La pandemia ha dimostrato che gran parte del lavoro svolto dai bibliotecari nel costruire istituzioni centrate sulla comunità è stato disconnesso dal lavoro che hanno svolto nella costruzione di servizi digitali. Nelle prime settimane di lockdown la maggior parte delle biblioteche ha offerto poco più della propria raccolta di ebook, e questo attraverso app di terze parti. C’è voluto un po’ di tempo perché fossero messi a disposizione online i nuovi servizi per risolvere i bisogni della comunità. Una reazione che non mi aspettavo, ma che molti direttori hanno menzionato, è che i bibliotecari che hanno rapidamente cercato di costruire e modificare i servizi per un ambiente digitale hanno apprezzato quest’attività e sono diventati più creativi.

Mentre le biblioteche qui negli Stati Uniti stanno iniziando a riaprire, è evidente l’importanza di una leadership e di una guida chiari e coordinati. Dove i direttori hanno una posizione coerente con quella del governo cittadino e nazionale relativamente al personale bibliotecario di front-office, la riapertura ha buoni risultati. Dove c’è una mancanza di trasparenza e indicazioni non concertate, il risultato è un grande stress.

Negli Stati Uniti gli obiettivi della leadership della biblioteca sono davvero cambiati. Le persone non sono solo preoccupate per la loro salute, ma per i loro stipendi, e ora per la loro sicurezza fisica dato che le proteste ha messo in evidenza il razzismo sistemico nel governo e nelle istituzioni, biblioteche comprese. La richiesta ai bibliotecari di riaprire o di fornire un servizio alla comunità senza un senso di nobiltà o del dovere cade nel vuoto. I bibliotecari devono misurarsi coi difetti nel modo in cui ci trattiamo a vicenda e nelle comunità che serviamo.

Biblioteche innovative è un libro rivolto ai cittadini e agli utenti delle biblioteche, mentre in Italia è stato pubblicato da una casa editrice specializzata in testi per bibliotecari. In Italia è sempre stato difficile parlare a cittadini, amministratori e politici delle funzioni e delle esigenze delle biblioteche. Pensa che le condizioni mutate – il distanziamento sociale, le quarantene per spazi e documenti, le condizioni per organizzare eventi e corsi in presenza – costituiranno un problema o potranno offrire idee per ripensare i servizi e il concetto stesso di biblioteca?

La pandemia ha cambiato il mondo. Ha dimostrato contemporaneamente che siamo tutti collegati e messo in evidenza le diseguaglianze nelle nostre nazioni. Quando un Paese dopo l’altro ha chiuso scuole e aziende e costretto le persone a lavorare a casa tramite Internet, il digital divide – sia l’impossibilità di avere l’accesso alla rete sia l’incapacità di usare gli strumenti digitali – è passato dall’essere per molti un problema astratto a un effetto molto reale della cattiva programmazione politica. L’accesso equo a cure sanitarie di alta qualità è passato dall’essere un problema in discussione al rivelarsi una situazione orribile in cui si sono perse delle vite. Il ruolo e il potere del governo in una società democratica sono stati messi alla prova e in alcuni paesi, incluso il mio, hanno fallito.

Quello di cui sono convinto è che il mondo sia cambiato, e i bibliotecari, come del resto tutti, devono cogliere l’occasione per modellare il cambiamento. Ritorneremo tra qualche settimana a riaprire le biblioteche come se nulla fosse successo? Continueremo a vedere le biblioteche come repository realizzati per i bisogni di pochi o piuttosto come organizzazioni vitali per l’apprendimento al servizio delle comunità in cui si trovano? Considereremo l’ascesa delle teorie della cospirazione e della cattiva informazione come qualcosa che teniamo fuori dalle nostre biblioteche o come una missione per i bibliotecari che devono attivamente contrastarle online e nelle istituzioni politiche?

La pandemia e la crisi economica che ha causato hanno mostrato buchi significativi nel tessuto della comunità. Tassi di mortalità più elevati nelle comunità economiche più deboli e presso le minoranze; accesso a Internet lento o assente nelle zone rurali; le norme relative al copyright che limitano l’accesso ai dati di ricerca; l’ideologia politica che interferisce con le decisioni di sanità pubblica. E tutte queste cose hanno una componente di conoscenza che le biblioteche dovrebbero affrontare.

Dovremmo considerare questa situazione come un’opportunità per ripresentare la biblioteca alla comunità. Una nuova biblioteca dedicata al benessere della comunità: benessere fisico, mentale e persino spirituale. Un evento globale così massiccio dovrebbe indurre le persone a trovare un significato nella loro vita. A creare un nuovo senso di sicurezza e stabilità. Le biblioteche devono essere lì per aiutare in questo processo e per saldare gli individui in una comunità che si prenda cura di tutti i suoi componenti.


Francesco Mazzetta

 <francesco.mazzetta@gmail.com>