Frammentazione e complessità: Lucia Antonelli intervista Gino Roncaglia

Con l’intervista a Gino Roncaglia di Lucia Antonelli la redazione di “AIB Notizie” apre un nuovo canale di comunicazione con autori, colleghi ed esperti anche provenienti da altri settori. Buona lettura.

Ai bibliotecari Gino Roncaglia regala sempre avvincenti spunti di riflessione. E con il suo ultimo libro non si smentisce. E’ infatti da poco uscito per i tipi della Laterza  L’età della frammentazione. Cultura del libro e scuola digitale. Il libro affronta il rapporto fra digitale, scuola e mondo del libro, trattando anche le questioni relative al ruolo delle biblioteche scolastiche. Lo abbiamo intervistato per AIB Notizie” per approfondire alcuni temi analizzati nel libro.

Attualmente la frammentazione dei contenuti caratterizza l’ecosistema della comunicazione digitale. In che modo?

Se pensiamo ai contenuti che circolano oggi nell’ecosistema digitale – dalle mail ai post di un blog, dai messaggi di stato su Facebook a SMS e instant messaging, dai video di YouTube alle immagini su Instagram, dai tweet agli articoli di un sito di informazioni – ci accorgiamo che i contenuti brevi e granulari prevalgono decisamente su quelli lunghi e articolati. La frammentazione prevale sulla complessità. Il libro cerca di indagare le ragioni di questa situazione, e propone alcune strategie per superarla. In particolare, critico l’idea – assai diffusa – che la granularità, la frammentazione, la brevità rappresentino caratteristiche “naturali” e in qualche misura inevitabili del digitale. Non è così: il digitale è solo un sistema di codifica dell’informazione, e in digitale possiamo codificare altrettanto bene un tweet o Guerra e Pace. La prevalenza della granularità è a mio avviso legata piuttosto alla particolare fase di sviluppo dell’ecosistema digitale che stiamo attraversando, e agli strumenti che la caratterizzano. Il mondo del digitale e delle reti è ancora assai giovane, e il cosiddetto “web 2.0” corrisponde un po’ all’età dell’artigianato e del commercio informativo; cominciamo a muoverci verso l’età delle cattedrali, l’età in cui gli edifici informativi saranno anche in digitale più elaborati e complessi, ma non ci siamo ancora arrivati.

Frammentazione e granularità esauriscono “qui e ora” l’intero ecosistema digitale? 

No, alcuni esempi di costruzioni informative più strutturate e complesse cominciano a vedersi: ad esempio Wikipedia, che partendo dalla granularità delle singole voci si è trasformata progressivamente in un edificio dall’architettura assai più sofisticata: merito degli strumenti di negoziazione redazionale, che aiutano la costruzione collaborativa dei contenuti, e della capacità di tener traccia di ogni singola modifica, permettendo se necessario di annullarla. Potremmo dire che Wikipedia è una delle prime cattedrali informative, anche se per ora si tratta di un esempio abbastanza isolato. Un altro ambito in cui troviamo complessità e articolazione è quello dei videogiochi: almeno in alcuni casi, il mondo dei videogiochi produce mondi narrativi assai ricchi, con le proprie regole (che il giocatore deve progressivamente scoprire) e una forte capacità immersiva, per certi versi simile a quella dei libri. Anche per questo, chi si occupa di libri e lettura – ma anche, credo, il mondo della scuola e della formazione – dovrebbe dedicare grande attenzione ai videogiochi.

Questi esempi di superamento della frammentazione mostrano che la complessità è un obiettivo perfettamente raggiungibile anche in digitale, e il lavoro su semantic web e linked data offre ulteriori strumenti in questa direzione. Ma per superare l’età della frammentazione e costruire un ecosistema digitale effettivamente orientato alla complessità c’è ancora molto lavoro da fare.

Nel libro metti a confronto la frammentazione del digitale con la complessità che tradizionalmente caratterizza il libro. In cosa consiste tale complessità e come può convivere con la frammentazione?

La forma-libro è stata e continua a essere strumento per eccellenza di organizzazione della complessità, sia essa argomentativa o narrativa. Anche per questo offre un punto di riferimento prezioso per chi si interroga sulle strade per la riconquista della complessità all’interno dell’ecosistema digitale. È bene ricordare, peraltro, che anche la scrittura è partita da contenuti brevi e granulari: pensiamo ai clay tokens, i contrassegni d’argilla dai quali è probabilmente nata l’avventura dell’alfabeto, e poi alle liste, alle leggi, agli scambi epistolari, ai trattati politici e commerciali: forme di organizzazione testuale che storicamente hanno preceduto le narrazioni più lunghe e articolate. Nel mondo della testualità a stampa, granularità e complessità erano e sono compresenti: lettere, quotidiani, fogli volanti potevano così convivere senza problemi con libri, enciclopedie, manuali. Nel mondo digitale l’equilibrio è invece ancora fortemente sbilanciato a favore della frammentazione, e i modelli di organizzazione complessa dei contenuti restano in gran parte da individuare.

Nella scuola di oggi come viene gestito il rapporto tra libro cartaceo e contenuti digitali?

Normalmente, non viene gestito: alcuni contenuti di apprendimento digitali sono entrati nella pratica didattica, ma in forma ancora fortemente frammentata e anzi assumendo – credo a torto – la granularità come unico paradigma (si pensi allo “spacchettamento dei contenuti” teorizzato e largamente praticato dall’editoria scolastica). I docenti con maggiori competenze digitali, e le scuole con infrastrutture adeguate, usano slide, immagini, video, in qualche caso software e contenuti dedicati, per accompagnare le lezioni o come strumenti per lo studio individuale: ottima cosa, ma troppo spesso manca la capacità di contestualizzare efficacemente quei contenuti e mancano gli strumenti di cornice e di raccordo. Il libro di testo (in genere in forma cartacea) si affianca all’uso di micro-contenuti digitali senza una vera integrazione fra le due tipologie di risorse. La questione centrale, a mio avviso, non è tanto il rapporto fra carta e digitale quanto il rapporto fra contenuti integrativi e granulari e contenuti strutturati e curricolari. È su questo rapporto che bisogna innanzitutto riflettere, anche nel nuovo ecosistema digitale.

Il nostro sistema scolastico fornisce agli studenti le competenze adeguate per affrontare le sfide future dell’evoluzione dell’ecosistema digitale?

Il lavoro sull’information literacy e sulla media literacy, sulle competenze di cittadinanza (che oggi sono strettamente legate anche alla capacità di reperire, valutare, comprendere, produrre informazione in rete), sull’uso consapevole dei contenuti digitali, è stato in parte avviato, in particolare attraverso il Piano Nazionale Scuola Digitale, ma è ancora ben lontano dall’offrire risultati adeguati. Ci sono ancora enormi problemi legati alle infrastrutture, alle competenze dei docenti, alle politiche e alle metodologie adottate. Un ritardo che si manifesta (e in parte si riflette) anche nella qualità spesso deprimente del dibattito pubblico sulle politiche scolastiche. Per migliorare l’efficacia del nostro sistema formativo servirebbe un deciso salto di qualità, a partire dal livello del dibattito pubblico e delle scelte politiche.

Che ruolo svolgono le biblioteche scolastiche in un contesto così “complesso”?

Un ruolo assolutamente essenziale. In una scuola in cui il lavoro formativo è quasi unicamente concentrato sul gruppo-classe e sulla didattica disciplinare, la biblioteca scolastica può essere il cardine di metodologie di apprendimento più trasversali e più direttamente legate agli interessi delle studentesse e degli studenti. La biblioteca scolastica non dovrebbe essere più pensata solo come la “stanza dei libri” ma come un laboratorio attivo di alfabetizzazione mediatica e informativa; come un centro di documentazione per studenti, docenti, genitori, personale; come il punto d’incontro fra risorse informative digitali e tradizionali; come il luogo in cui gestire e auto-gestire attività trasversali – dai gruppi di lettura al debate informato, dalla produzione di contenuti alla lettura dei giornali (magari internazionali, rispettando anche le provenienze e gli interessi degli studenti, grazie anche alle possibilità di scelta aperte dal prestito digitale).

Pensi che anche altre tipologie bibliotecarie, oltre a quelle scolastiche, possano svolgere un ruolo analogo?

Penso che le biblioteche scolastiche possano e debbano lavorare in strettissimo raccordo con le biblioteche di pubblica lettura di zona e in generale con il sistema bibliotecario territoriale, ma che il loro ruolo sia specifico e insostituibile: questo perché è importante che la biblioteca scolastica sia parte, sia fisica sia organizzativa, delle attività della scuola, sia sempre e immediatamente accessibile durante le lezioni, non sia percepita come realtà “esterna” ma come componente essenziale delle attività formative quotidiane.

Lucia Antonelli

lu.antonelli@libero.it