Giornata di studio Riflessioni e pratiche di intercultura nelle biblioteche, organizzata dall’AIB Emilia-Romagna, il 18 novembre a Bologna

Organizzata dalla sezione Emilia-Romagna dell’AIB con la collaborazione dell’Istituzione Biblioteche di Bologna, il 18 novembre si è svolta presso Sala Borsa la giornata di studio Riflessioni e pratiche di intercultura nelle biblioteche
I numerosi interventi, tutti di notevole livello, hanno messo in luce aspetti riguardanti sia il quadro generale di questo aspetto della vita delle biblioteche, importante e delicato ad un tempo, anche per il clima politico generale che l’Italia sta attraversando, sia alcune tra le esperienze più significative che le biblioteche stanno mettendo in atto.
Anna Manfron, direttrice dell’Istituzione Biblioteche del Comune di Bologna, nel portare i suoi saluti, ha ricordato come, su una popolazione di 390.636 residenti al 31 dicembre 2018, gli stranieri siano 60.352, pari al 15,4%. Si tratta quindi di una presenza significativa nell’ambito dei destinatari dei servizi offerti dalle 15 biblioteche del Comune. E si tratta di una presenza la cui età media (35 anni) è notevolmente più bassa di quella della popolazione “bolognese” (49 anni). Inoltre bambini e ragazzi al di sotto dei 14 anni sono il 22,3% dei residenti in questa fascia d’età. Ben 150 sono le nazionalità censite, 15 delle quali sono maggiormente rappresentate: Romania, Filippine, Bangladesh, Pakistan, Cina, Ucraina, Marocco, Moldova, Albania, Sri Lanka, Perù, Tunisia, Polonia, Nigeria, India. Il primato della multietnicità va al Quartiere Navile (alla Bolognina il 26% della popolazione è costituito da stranieri, seguono San Donato-San Vitale e Borgo Panigale-Reno). In queste zone sono ubicate ben 7 delle 11 biblioteche decentrate del Comune. Quella denominata Casa di Khaoula (inaugurata nel 2008) prende il nome da una bambina immigrata che aveva chiesto al Sindaco un luogo dove poter leggere e fare i compiti. Questa finalità, comune a tutte le altre biblioteche, si coniuga naturalmente con quella di favorire l’integrazione fra le diverse culture. In tutte le biblioteche si svolgono infatti corsi di italiano per stranieri, in non pochi casi dedicati specificatamente alle donne, mentre in alcune, come Pilastro e Corticella c’è un impegno notevole nei confronti delle comunità ROM, in particolare verso bambini e adolescenti. Lo spirito che guida questo impegno è quello individuato dall’Agenda 2030 dell’ONU, per lo Sviluppo sostenibile, in particolare l’obiettivo 4: Istruzione di qualità.
Il saluto dell’AIB è stato portato dalla Presidente della Sezione Emilia-Romagna, Roberta Turricchia, che ha ringraziato tutte le istituzioni partecipanti e i singoli relatori, ponendo l’accento sull’importanza delle biblioteche per l’integrazione. La biblioteca però – ha proseguito – non è un’isola e da sola non può contribuire in modo significativo ad avviare dei reali processi di scambio culturale, che favoriscano la partecipazione, il rafforzamento del senso di identità e di appartenenza al territorio da parte degli stranieri immigrati. E’ importante perciò in primo luogo che le biblioteche stringano alleanze reali e strategiche con scuole, associazioni, enti privati, con tutti coloro che, per compito o vocazione, possano rafforzare il rapporto tra cultura e welfare, lavorando sull’integrazione. La Turricchia, sottolineando le non poche difficoltà incontrate nell’organizzare la giornata, resa possibile dal contributo dell’Istituzione Biblioteche di Bologna, in particolare di Anna Buson della Biblioteca Cabral e di Sala Borsa che l’ha ospitata, ha auspicato che il suo esito possa essere la presa di coscienza di cosa non si è ancora capito, cosa e chi non si è appieno ascoltato su questo tema così delicato e importante.
Daniela Salvador, dell’Osservatorio regionale sul fenomeno migratorio, affrontando il problema nella sua dimensione regionale, con un intervento dal titolo Immigrazione: statistiche regionali, ha ricordato che gli stranieri residenti in Emilia-Romagna sono 551.222, e rappresentano 12,3% della popolazione. Si tratta della più alta incidenza in Italia. Seguono Lombardia e Lazio. I picchi si registrano a Castel San Giovanni (Pc) con il 22% e a Galeata (Fc) con il 19,5%. Sia l’acquisizione della cittadinanza che i matrimoni misti sono in crescita. In Emilia-Romagna infatti la maggior parte di permessi di soggiorno è per motivi di famiglia, in particolare per i ricongiungimenti. Altri dati interessanti riguardano la scuola e il lavoro. Gli alunni con cittadinanza non italiana oscillano (a seconda del tipo di scuola) tra il 16 e il 18%. Si tratta per la maggior parte di bambini nati qui. La distanza in percentuale tra gli stranieri e gli italiani nelle classi si sta riducendo. Nella Scuola secondaria di II grado è più alta, ma in decrescita. Per quanto riguarda il lavoro, il 21% di lavoratori dipendenti in Emilia-Romagna è straniero, mentre il dato nazione è del 18%.
Andrea Facchini del Servizio regionale politiche per l’integrazione sociale, il contrasto alla povertà e terzo settore, presentando una relazione dal titolo Per una comunità interculturale: le politiche regionali, ha sottolineato come in Emilia-Romagna non ci sia un vero e proprio modello di integrazione. Il fenomeno migratorio andrebbe considerato come una componente strutturale per costruire una comunità interculturale. C’è stato per il 2014-2016 un Programma triennale per l’integrazione dei cittadini stranieri Per una comunità interculturale. Il 2014 era stato infatti l’anno di punta dei flussi non programmati. Manca però un piano nazionale. E’ infatti dal 2006 che l’Italia non produce un piano triennale complessivo. Secondo Facchini tutta la comunità regionale deve maturare un atteggiamento positivo verso la diversità, producendo politiche generali di assistenza, salute, formazione, lavoro ecc. I tre assi di azione individuabili sono:
1. Potenziare l’autonomia
2. Accompagnare gli accessi al welfare
3. Costruire ponti e scambi tra migranti e nativi
E’ fondamentale infine che alle biblioteche venga riconosciuto il ruolo di esplicitare uno stato di bisogno.
E’ stata poi la volta di Vinicio Ongini del MIUR (Quando i libri diventano mediatori culturali. Scuole, biblioteche e altri luoghi. Il suo intervento, tra i più attesi, ha messo in rilievo come l’integrazione non sia una strada in discesa, anche per via di un clima non positivo. Bisogna essere consapevoli che il paradosso dell’integrazione è quello di generare conflitto. Ongini ha sottolineato come in Italia vi siano 640 scuole nelle quali la percentuale degli alunni non italiani è pari o superiore al 50%. E ci sono quindi famiglie italiane che spostano i figli in scuole dove ci sono meno stranieri. Per converso un bambino su quattro in età da scuola dell’infanzia figlio di immigrati non frequenta tale tipo di scuola. Ongini si è poi soffermato sulle Prove Invalsi e sui noti risultati (1/3 degli adolescenti non è in grado di leggere a fondo un testo). Ma la discussione si è incentrata quasi esclusivamente sugli italiani. La conclusione è che una parte delle famiglie non crede più alla scuola, non vi investe. Per contro molti stranieri che escono dagli istituti professionali proseguono poi verso l’università. E i bambini e i ragazzi stranieri vanno meglio in inglese degli studenti italiani. Resta però importante il problema della valorizzazione delle lingue madri. Valorizzare lingue e alfabeti è una misura che facilità l’integrazione. Dopo aver ricordato l’importanza di alcuni assi di intervento (lingue, formazione del personale scolastico, piano di cittadinanza per le nuove generazioni italiane, investimento sulle periferie ecc.) Ongini si è concentrato su una serie di esperienze positive quali quelle di alcune biblioteche (Eboli, Castelnuovo di Porto ecc.), in particolare quella di San Vittore dove detenute (straniere) hanno vita ad un laboratorio di costruzione di turbanti per donne in cura oncologica. Si è creato così un circuito virtuoso: donne sarte italiane, donne migranti per donne in cura oncologica. In Piemonte un gruppo di studentesse di un istituto tecnico e di uno scientifico, tre straniere (una sola delle quali senza velo) e 2 italiane, nell’ambito dell’Alternanza scuola- lavoro, hanno dato vista ad una esperienza del mestiere di lettrice (che ha fatto perno sulle biblioteche). Le studentesse hanno letto nell’asilo e nel centro anziani delle Langhe in particolare 2 libri: La lune i falò di Cesare Pavese nel Centro anziani e un libro sulle Masche, le streghe piemontesi, nell’asilo. Nessuno ha mai fatto obiezioni sul velo di due lettrici. Per gli anziani la preoccupazione non è il velo, non è l’Islam è – conclude Ongini – la solitudine. Significativo è poi il fatto che le ragazze si allenassero in biblioteca, luogo di mediazione culturale.
Altri interventi sono stati quelli di Franco Fornaroli (vicepresidente IBBY Italia), IBBY; costruire cultura, cura, educazione nel mondo che ha illustrato la storia e l’attività dell’ International Board of Books for Young people. E’ una rete internazionale di persone e istituzioni che promuovono e diffondono il diritto dei più giovani ai libri e alla lettura ovunque nel mondo. Nata nel 1953 è presente in oltre 70 paesi. In particolare ha illustrato la vita e l’attività della fondatrice Jella Lapman e il Progetto Lampedusa, destinato ai bambini senza accesso ai libri e alla lettura, consistente nel produrre e indirzzare a Lampedusa libri senza parole con immagini per superare le barriere linguistiche e alfabetiche. Di fronte a un libro senza parole, il lettore deve decodificare, collegare, riconoscere inferenza (quello che accade ma non si vede), confrontarsi (con linguaggio iconico e con altri lettori), comprendere (dare significato in base alle proprie esigenze). Mirka Ognisanti del Centro di Documentazione e intercultura RiESco ha illustrato la biblioteca del CDLEI e la sua attività; Maria Rosaria Colagrossi (Istituto culturale di documentazione “A. Lazzerini” di Prato) si è soffermata sulla nascita e lo sviluppo della sezione multiculturale, in seguito alle richieste di madri rumene, albanesi e russe di libri in lingua per i loro bambini, che è divenuta oggi Polo regionale di documentazione interculturale. Maria Carla Mancinelli, Responsabile del Servizio Intercultura dell’Istituzione Biblioteche di Roma ha illustrato i servizi e le pratiche interculturali delle 39 biblioteche dell’Istituzione soffermandosi sulle difficoltà di acquistare libri in lingue non veicolari, dal momento che gli acquisti generali vengono realizzati su una piattaforma istituzionale che però non prevede i libri in lingue straniere. Grande impegno l’Istituzione profonde ornai da decenni per i corsi di lingua dedicati a fasce e gruppi con particolari esigenze linguistiche. Corsi di lingua cinese e araba sono i più richiesti dagli italiani. Alla fine del 2017 la Biblioteca Interculturale è stata reinaugurata dopo una ristrutturazione e un ammodernamento realizzati dall’associazione grazie a un crowd funding. Da segnalare anche il Protocollo d’intesa a favore degli ospiti dei centri d’accoglienza e l’attività di Reti solidali, polo cittadino che mette in rete le varie iniziative. Manuela Venturelli della Biblioteca Delfini di Modena ha dato un resoconto di esperienze, idee e progetti modenesi, mentre Maurizio Tarantino, Direttore dell’Istituzione Biblioteca Classense di Ravenna ha scelto di un approccio più riflessivo che pratico, partendo dalla considerazione della biblioteca come “zona di contatto”, secondo la definizione di Mary Louise Pratt: “lo spazio degli incontri coloniali”. Cioè quello spazio sociale in cui le culture più disparate si incontrano, si scontrano e si affrontano, spesso in relazioni altamente asimmetriche di dominazione e subordinazione.
Enrica Menarbin, Monica Matassini e Arianna Buson delle biblioteche dell’Istituzione bolognese hanno presentato nell’ordine le esperienze di Sala Borsa, Casa di Khaoula e Sala Borsa Centro Amilcar Cabral, ponendo l’accento sul grande lavoro fatto con le scuole, sui rapporti con le associazioni, sull’ospitalità a tirocini, in materia di integrazione, sui corsi di italiano per stranieri e di altre lingue. Tutte le attività hanno l’obiettivo di stimolare commistione e approccio ad altre culture.
L’ultimo intervento è stato quello di Mauro Innocenti e Morena Sarro (dell’Associazione Aprimondo-Centro Poggeschi) che hanno ricordato l’attività di Padre Valletti e dell’associazione di volontariato fino che è stata fino al 2013 nel Cenro Poggeschi, passando poi ad essere ospitata dal Cabral. Nel 2017 è stato stipulato un Patto con l’Istituzione Biblioteche. E’ stato illustrato il grande lavoro per la conoscenza dell’italiano, in particolare con le donne straniere, la collaborazione con i nidi d’infanzia. E’ stato ricordato poi il fascicolo Parole che accolgono. L’associazione in 15 anni ha riunito 70 soci e 300 studenti. E’ stato inoltre realizzato un progetto sull’immagine e l’aspetto visuale finalizzato ad esprimere i luoghi di Bologna e le emozioni che suscitano, dal punto di vista di uno straniero.
Lorenzo Baldacchini