In ricordo di Isabella Orefice

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Con la morte di Isabella Orefice, avvenuta repentina e inaspettata il 25 maggio scorso, la comunità archivistica italiana perde un tassello importante della propria storia e della propria identità. Ricordare i tratti essenziali e caratteristici della sua attività significa ripercorrere un’epoca di cambiamenti della professione che hanno influito in misura determinante sui percorsi esistenziali e professionali di molti di noi. Nata nel 1952 a Napoli, dove si laureò in lettere e filosofia nel 1975 e conseguì il diploma di archivistica, paleografia e diplomatica, entrò come archivista di Stato con il mio stesso concorso, conclusosi nel 1978, e iniziò la sua carriera nell’Archivio di Stato  della sua città natale,  in cui lavorò per quattro anni. Si trasferì poi all’Archivio di Stato di Milano, dove rimase dal 1982 al 1991 e dove condusse la grande battaglia per  la progressione in carriera degli archivisti di Stato. Trasferita a Roma nel 1992 all’Ufficio centrale per i beni archivistici, nel Nucleo di coordinamento per l’informatica, dal 1994 fu attiva nella Soprintendenza archivistica per il Lazio. Fu presidente dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana dal 1996 al 2010.

Comprese precocemente quanta rilevanza stessero assumendo gli archivi digitali e organizzò parecchie occasioni di incontro e di confronto con chi in campo internazionale si stava occupando del problema; iniziò a fornire ai colleghi, giovani e meno giovani, corsi di aggiornamento che presentassero in modo costruttivo i risultati delle ricerche. L’apertura verso i colleghi stranieri caratterizzò sia la sua ricerca personale sia la gestione dell’ANAI; la partecipazione sua o di soci a iniziative del Consiglio internazionale degli archivi e delle associazioni professionali europee sopperirono spesso carenze e trascuratezza della stessa amministrazione archivistica. Promosse numerosi gruppi di lavoro e corsi per la discussione e la diffusione degli standard di descrizione archivistica. Gli intensi rapporti con le associazioni straniere e con il CIA le consentirono di organizzare la Conferenza europea degli archivi nel 2001, evento epocale cui parteciparono alcuni miei allievi che ancor oggi lo ricordano con ammirazione e stupore per la messe di stimoli e di insegnamenti ricevuti in quell’occasione.

Personalità vivace e vulcanica, Isabella “fiutò” con assoluta perspicacia nuovi filoni archivistici: coordinò il censimento degli archivi dei quotidiani e dei periodici; organizzò nel 2003 il convegno sugli archivi del cinema, nel quale fece dialogare professionisti di formazioni e appartenenze diverse, e nel 2007 a Torino il convegno internazionale sugli archivi degli sport invernali e della montagna. Nel 2006 e nel 2007 realizzò a Milano due edizioni di Archiexpò, un’inedita iniziativa scientifica ed espositiva che voleva attirare l’attenzione di un pubblico vasto sugli archivi più o meno a rischio. Fu un’idea geniale che aprì la strada a  future manifestazioni coinvolgenti la società civile, oltre che un’occasione di incontro tra addetti ai lavori e di aggiornamento professionale serio e responsabile. Successivamente approfondì il settore degli archivi d’impresa, fecondo terreno di sperimentazione di nuove metodologie e scenario importante in cui coinvolgere il maggior numero possibile di attori accomunati dall’obiettivo di salvaguardare una fetta consistente della memoria nazionale. In particolare si dedicò con passione e competenza agli archivi della moda, ricchi di informazioni, notizie e documenti importanti per numerosi settori della cultura e dell’imprenditoria italiana. Al salvataggio e alla valorizzazione degli archivi fece seguito da parte dell’amministrazione archivistica, saggiamente stimolata dall’attività di tutela di Isabella e delle istituzioni coinvolte, la realizzazione di portali dedicati agli archivi d’impresa e agli archivi della moda.

Sul fronte dell’editoria, Isabella da un lato ha rinnovato la rivista «Archivi per la storia», diretta fino al 2004 da Enrica Ormanni, trasformata, in linea con la logica di apertura su più fronti dell’archivistica contemporanea, in «Archivi», che esce semestralmente dal 2006, e d’altro canto ha “inventato” una forma agile e incisiva di comunicazione, in collaborazione con la Direzione generale per gli archivi: «Il mondo degli archivi».

All’interno dell’ANAI, in veste di presidente, promosse riforme significative per traghettare l’Associazione verso un modello nuovo che potesse diventare un ordine professionale a tutela non solo degli archivisti, ma soprattutto del cospicuo patrimonio archivistico nazionale. Ricordo in particolare il rinnovo della composizione degli organi, in considerazione della variazione delle fisionomie degli iscritti, e la redazione del codice deontologico, primo passo verso un riconoscimento del ruolo pubblico dell’Associazione. Sempre a tutela della professione ha incoraggiato la redazione di “norme” che regolassero i rapporti fra committenti e archivisti: alludo a Lavori archivistici. Regolamentazione per il settore dei liberi professionisti: requisiti scientifici, rapporti con la committenza, tariffe, testo che ha conosciuto due edizioni e che è stato inserito fra quelli di riferimento dell’Associazione, dando impulso a proficue riflessioni approdate poi a uno specifico standard UNI.

In chiusura desidero ricordare un tratto particolarmente significativo di Isabella: la generosità soprattutto verso i giovani, con l’impegno ad  inserire progressivamente nella professione le nuove leve, attraverso la creazione della categoria di soci juniores e l’inclusione negli organi dell’ANAI di una rappresentanza degli ALP (gli archivisti libero-professionisti). Un  progetto, purtroppo non realizzato, consisteva nel prevedere forme regolate di apprendistato, durante il quale il bagaglio di conoscenze, competenze e abilità accumulato dai “vecchi” archivisti potesse essere messo a disposizione dei giovani. Questa l’eredità che Isabella Orefice lascia e che vorrei fosse conosciuta e apprezzata da chi rimane a rimpiangere la sua umanità, la sua vivacità intellettuale e la sua capacità organizzativa.

Giorgetta Bonfiglio-Dosio

giorgetta.bonfiglio@alice.it