Bibliotecari e lavoro: ricerca, competenze e professionalità (prima parte)

a cura di Vittorio Ponzani e Lucilla Less

L’Associazione italiana biblioteche ha, tra i suoi scopi istituzionali, la tutela della professione, e per questo si occupa tra l’altro di monitorare le modalità di accesso alla professione (anche) dei giovani laureati in materie biblioteconomiche.
Proficuo diventa l’incontro tra queste attività associative e la terza missione dell’università, cioè dell’istituzione che deve formare, sia dal punto di vista culturale che tecnico professionale, i futuri bibliotecari.
Uno dei risultati è stato il seminario “Bibliotecari e lavoro: ricerche, competenze e professionalità”, organizzato da AIB Lazio e dal Corso di laurea magistrale in Archivistica e biblioteconomia del Dipartimento di scienze documentarie linguistico filologiche e geografiche dell’Università Sapienza di Roma, svoltosi il 20 maggio 2016 a Roma, nel corso del quale bibliotecari con diverse esperienze professionali e provenienti da istituzioni di diversa tipologia hanno raccontato a studenti e neolaureati i loro percorsi professionali, mettendo in evidenza quali siano le competenze ritenute necessarie per lavorare nel mondo delle biblioteche.
Di seguito si pubblicano gli interventi della giornata.

 

Vittorio Ponzani
(Presidente dell’AIB Lazio)

Il mondo cambia, le risorse informative cambiano, le biblioteche cambiano e, inevitabilmente, cambia (e molto) anche il mestiere del bibliotecario.
Fino a non molto tempo fa il bibliotecario era, nella maggior parte dei casi, una persona colta, spesso un erudito, al quale veniva affidata la biblioteca, della quale conosceva a menadito non solo le collezioni – rigorosamente cartacee – anche senza consultare i cataloghi a schede, ma anche gli utenti e le loro necessità.
Oggi i cataloghi sono elettronici, le biblioteche garantiscono l’accesso alla documentazione (elettronica) più spesso che il suo possesso, la rete è diventata imprescindibile per chiunque abbia a che fare con le risorse informative.
E la professione del bibliotecario? Ha ancora un ruolo in questo nuovo scenario o è destinata a scomparire? E soprattutto: un giovane che ha studiato per fare il bibliotecario, si è laureato in Biblioteconomia o in materie affini, può realisticamente sperare di trovare lavoro in biblioteca? Esistono d’altra parte prospettive alternative al lavoro in biblioteca, che non siano un ripiego ma un’attività in cui le competenze del bibliotecario possano essere “spese” con altrettanta soddisfazione?
La situazione di crisi economica che sta caratterizzando il nostro Paese ha comportato, anche nelle biblioteche, il blocco totale o parziale delle assunzioni, seppure nell’ultimo periodo si sta assistendo al bando di qualche sporadico concorso.
Nell’analisi delle offerte di lavoro pubblicata nel Rapporto sulle biblioteche italiane 2013-2014 si evidenzia come negli ultimi due anni presi in considerazione (2012-2013) siano stati banditi da enti pubblici solamente 29 posti di lavoro a tempo indeterminato (nel 2013 solo 5), e d’altra parte anche gli avvisi di ricerca di collaboratori da parte di aziende del settore sono stati al massimo una decina.
Certamente la fonte utilizzata per quella indagine, la lista di discussione AIB-CUR, che per molti anni è stata lo strumento quasi esclusivo per chi volesse cercare informazioni sulle offerte di lavoro nelle biblioteche, è diventata nel corso del tempo sempre più marginale, per una serie di ragioni che non è il caso qui di affrontare. Ma in ogni caso i dati rispecchiano purtroppo abbastanza fedelmente la difficoltà della situazione.
A questo scenario e agli interrogativi sul futuro della nostra professione ha tentato di dare una prima e parziale risposta un seminario organizzato dalla Sezione Lazio dell’AIB, insieme al Corso di laurea magistrale in Archivistica e biblioteconomia del Dipartimento di scienze documentarie, linguistico filologiche e geografiche della Università Sapienza di Roma, che si è svolto alla Sapienza lo scorso 20 maggio.
Il seminario aveva lo scopo di creare un momento di confronto tra gli studenti e alcuni bibliotecari provenienti da biblioteche di diversa tipologia e che hanno avuto percorsi professionali diversi, più o meno “tradizionali”, insieme ai rappresentanti di una cooperativa di servizi e di un’azienda privata e alcuni ex studenti che hanno raccontato le loro esperienze lavorative dopo la laurea.
Gli interventi hanno cercato di focalizzare l’attenzione, in particolare, sulle competenze che sono oggi necessarie per lavorare in biblioteca, in un contesto di rapidi cambiamenti tecnologici dove l’identità del bibliotecario è in continua evoluzione.
L’incontro tra coloro i quali un lavoro lo hanno trovato o se lo sono inventato (e magari continuano di volta in volta a inventarselo) e le nuove generazioni che stanno ultimando gli studi e che aspirano a entrare nel mondo delle biblioteche è stato apprezzato dai giovani colleghi, che anzi hanno espresso il desiderio che iniziative di confronto di questo genere siano realizzate più spesso, magari con cadenza periodica.

Antonella Meniconi
(Presidente del Corso di laurea magistrale in Archivistica e biblioteconomia dell’Università Sapienza di Roma)

L’incontro di oggi, “Bibliotecari e lavoro: ricerca, competenze e professionalità”, che abbiamo contribuito a organizzare insieme all’AIB Lazio costituisce un impegno a cui, come corso di laurea magistrale, teniamo molto. Tramite questa e altre iniziative si realizza, infatti, quella che per l’università viene chiamata “terza missione”, che, com’è noto, è un ulteriore obiettivo, rispetto alle ordinarie missioni istituzionali (alta formazione e ricerca scientifica), per gli atenei: una finalità da concretizzare in un’apertura e un dialogo maggiori nei confronti della società e in un impegno per il suo sviluppo, anche in chiave locale.
Ma non è solo questo. Teniamo molto a questo seminario, perché si tratta di riprendere – anche se non si è mai interrotta – una collaborazione più serrata e coinvolgente con le associazioni professionali, che rappresentano gli interlocutori necessari, insieme agli operatori in ambito bibliotecario e archivistico, dei nostri corsi di laurea e di specializzazione. Occorre approfondire – nel solco della tradizione della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari – un rapporto che può essere realmente produttivo per i nostri studenti chiamati ad affrontare un difficile mondo del lavoro.
Proporrò quindi ai nostri organi di governo, ma fin da ora lo anticipo in questa sede, che questo appuntamento diventi un impegno ricorrente, un luogo permanente in cui si confrontino le diverse esperienze professionali per gli studenti, gli ex studenti e gli operatori del settore. Ulteriori forme di collaborazione con l’AIB Lazio, che ringrazio per la grande disponibilità, potranno inoltre essere studiate per mettere meglio a disposizione delle giovani generazioni il grande patrimonio di conoscenza che bibliotecari e università possiedono, in un continuo arricchimento reciproco.

Miriam Viglione
(Direttrice della Biblioteca della Pontificia Università Gregoriana)

Le biblioteche degli ordini religiosi, pur essendo biblioteche ecclesiastiche, mantengono una loro autonomia rispetto alle diocesi. Quasi sempre si tratta di biblioteche al servizio di università di cui condividono la missione; la Gregoriana si mantiene fedele all’intuizione di sant’Ignazio di Loyola, che la concepì come universitas omnium nationum. La Biblioteca della Gregoriana, in quanto biblioteca universitaria, accresce il suo patrimonio acquisendo materiale documentario altamente specializzato e si è aperta da tempo alle risorse elettroniche per rispondere ai bisogni informativi della sua utenza con una valida offerta di contenuti derivati dal mondo accademico-scientifico internazionale; tuttavia essa è anche una biblioteca di conservazione, una “biblioteca di carta”, e la carta, di per sé supporto fragile, è in grado di vincere la sfida del tempo solo se opportunamente conservata, movimentata e fruita. La Biblioteca della Gregoriana è l’erede della bibliotheca major del Collegio Romano, una biblioteca “maltrattata” da note vicende storiche che, per avventura, è riuscita a conservare parte dell’antico patrimonio e che si è ricostituita faticosamente nell’ultimo secolo e mezzo; una collezione libraria importante dal punto di vista storico-culturale e accademico, che deve essere conservata nel modo migliore e messa a disposizione ai numerosi studenti, docenti e ricercatori.
L’utenza di una biblioteca universitaria – tanto più se di una università religiosa – è certamente specialistica, poiché presenta richieste circoscritte a un ambito particolare di ricerca, richieste che rispondono a esigenze attuali ma anche e soprattutto a esigenze proiettate nel futuro, in una logica di crescita e di approfondimento che può tendere all’esaustività. Compito prevalente del bibliotecario è quindi di fornire all’utenza e all’istituzione la piattaforma di riferimento per uno sviluppo armonico della raccolta, in modo da raggiungere anche quei settori che potrebbero rimanere scoperti a causa degli interessi di ricerca personali e delle mode culturali. La biblioteca, dichiarandosi altamente specializzata in determinati settori disciplinari, si assume l’incarico di mettere lo studioso in grado di accedere a tutte le informazioni necessarie per i suoi studi, attuali e futuri. La sfida che si pone al bibliotecario è quindi quella di acquisire le competenze necessarie a valutare la completezza della raccolta, il livello di specificità nei singoli settori disciplinari e ambiti di ricerca, la coerenza d’insieme; deve muoversi nel rispetto della memoria storica della biblioteca, mirando a mantenere alta la qualità culturale del suo patrimonio. La varietà dei documenti, lo sviluppo armonico della raccolta, la tutela di un patrimonio di interesse storico, la qualità dei servizi e dei rapporti con l’utenza, la relazione con l’ente di appartenenza richiedono, dunque, figure professionali dotate di una solida formazione biblioteconomica, una base comune da cui possano diramarsi le varie specializzazioni, bibliotecari con competenze diversificate, ciascuno portatore di una delle tante “culture della biblioteca”.

Romina Pallotto
(Presidente URBS – Unione romana biblioteche scientifiche)

URBS è un consorzio che mette insieme oggi 7 biblioteche, appartenenti a istituzioni straniere, per lo più frequentate da studiosi e borsisti stranieri che risiedono a Roma per periodi di tempo limitati. Fare attività di mediazione con loro è la nostra attività quotidiana e conoscerne la lingua è fondamentale. Cosa viene richiesto al bibliotecario che lavora in queste realtà caratterizzate da multilinguismo? La conoscenza delle differenti lingue europee è certamente un requisito essenziale e tutti coloro che si apprestano a lavorare all’interno di queste biblioteche non possono non conoscerle. Lo scambio linguistico è una realtà con cui ci confrontiamo quotidianamente e, nel percorso formativo dei bibliotecari, è pertanto necessario farne esperienza. La realizzazione degli eventi nel campo delle scienze e delle arti, che costituisce l’essenza della programmazione delle attività culturali di tutti gli istituti stranieri a Roma, rappresenta anch’essa, per alcune delle nostre biblioteche, un contesto di riferimento imprescindibile. Questo tipo di attività impatta direttamente sulle nostre biblioteche, che quindi non si occupano solo di reference con ricercatori stranieri ma devono occuparsi anche di pubblicizzare queste attività, partecipando per esempio alla promozione di questi eventi sui social network. Alle competenze biblioteconomiche del bibliotecario devono inoltre aggiungersi anche conoscenze di tipo informatico. Alcuni di noi lavorano infatti sulle pagine web dei siti istituzionali, utilizzando i CMS, caricando documenti digitali, immagini, video che ne accompagnano la realizzazione, interagendo quindi direttamente con i linguaggi del Web e imparando a usare software e strumenti digitali che trattino materiale di varia natura. Quindi, nelle nostre realtà, il bibliotecario impara a padroneggiare tanti strumenti. Lavoriamo sempre a stretto contatto con gli informatici che certo ne sanno sempre più di noi ma non conoscono la logica dei cataloghi e quindi si affidano alle nostre competenze, queste sì di natura biblioteconomica, per quanto riguarda l’organizzazione delle informazioni e la conoscenza dei formati catalografici in uso. Seguiamo inoltre, con grande attenzione, le liste di discussione dei professionisti dell’informazione per aggiornarci sui cambiamenti e sulle novità nell’ambito della catalogazione e in particolare per quanto riguarda il nuovo codice di descrizione delle risorse RDA, le nuove tecnologie che trasformeranno i nostri cataloghi linked open data (LOD) e anche le novità del mondo open source per migliorare la qualità dei nostri strumenti e facilitare la ricerca per i nostri utenti. L’attività di catalogazione è solo una delle competenze che ci viene richiesta, è impensabile che oggi il bibliotecario possa svolgere solo questa attività. È necessario per esempio fare formazione, istruendo gli utenti all’uso del catalogo e delle risorse informative disponibili. Descriviamo le nostre raccolte, utilizzando più di una lingua straniera se necessario e fungiamo perciò anche da guide; dobbiamo saper fare un budget.

Giovanna Contigiani
(database editor URBS – Unione romana biblioteche scientifiche)

Il database editor (DBE) è una figura professionale che opera all’interno della rete URBS (Unione romana biblioteche scientifiche) sin dalla sua costituzione.
In generale, la figura del DBE nasce con il processo di automazione nelle biblioteche: il passaggio da un sistema cartaceo a un sistema informatizzato implica che il cambiamento sia affrontato in maniera coordinata e uniforme. Il DBE è un bibliotecario che ha il compito di gestire e sviluppare l’archivio bibliografico durante il processo di automazione e, insieme allo staff della biblioteca, segue tale progetto dall’inizio alla fine.
La costituzione di un catalogo elettronico accessibile via Internet richiede uniformità dei dati (bibliografici e di authority) e, dunque, un controllo sulla coerenza, l’omogeneità della descrizione bibliografica e l’uniformità degli accessi all’informazione. Il ruolo del DBE è quello di supervisionare e garantire tale uniformità con un lavoro costante di controllo, verifica e validazione dei dati. Ciò che garantisce la coerenza nel lavoro quotidiano, considerando soprattutto un contesto di cooperazione qual è quello di una rete, è la formazione permanente di tutti i bibliotecari.
Con il passare del tempo, con l’evolversi della tecnologia e lo sviluppo dei sistemi di terza generazione, non si parla più di automazione, ma di gestione dei sistemi integrati per le biblioteche (ILS).
Aumentano dunque le mansioni e le competenze del DBE, che ha il compito principale di combinare i principi della biblioteconomia con la tecnologia. Per questo motivo, il DBE deve essere informato sugli sviluppi tecnologici dei sistemi informativi ed esplorarli in base alle esigenze della realtà in cui lavora; confrontarsi con lo staff dei bibliotecari per definire la natura e la portata dei progetti di automazione proposti; analizzare i problemi, sviluppare e trovare soluzioni; assicurare che tutta l’automazione avvenga compatibilmente con gli standard utilizzati; coordinare le attività con i fornitori.
Un ruolo importante giocano quindi la formazione continua e l’aggiornamento: questi possono avvenire tramite i tradizionali canali seguendo corsi ad hoc, leggendo la letteratura professionale ma anche attraverso processi di autoformazione, che possono aver luogo durante le attività quotidiane sulla base delle diverse esigenze e delle diverse fasi di studio.
È importante e auspicabile che il DBE abbia una profonda conoscenza della struttura in cui si trova a operare, dei flussi di lavoro, del sistema utilizzato; deve inoltre avere conoscenze biblioteconomiche e manageriali per coordinare le attività fra più soggetti.
Dunque, per sintetizzare, si richiede al DBE: capacità comunicativa, conoscenza dell’applicativo, conoscenze biblioteconomiche, capacità di coordinamento delle attività fra più soggetti.

Lucilla Less
(Osservatorio lavoro e professione AIB)

L’Osservatorio lavoro e professione dell’AIB (Olavep – http://www.aib.it/attivita/lavoro/) è composto da associati di diversa provenienza professionale, che osservano – appunto – la realtà lavorativa dei bibliotecari, cercando di averne un quadro il più possibile completo. Si tratta, come quasi tutte le attività dell’Associazione, di un contributo dato su base volontaria, per le quali ciascuno di sforza di mettere a fattor comune le proprie competenze e il tempo a disposizione. Negli ultimi anni (ne faccio parte dal 2011), l’Osservatorio ha concentrato la sua attenzione sull’evoluzione del mercato del lavoro di ambito bibliotecario, tenendo necessariamente conto dell’evidente fenomeno della partecipazione privata alle attività bibliotecarie presso enti pubblici. In altre parole: “storicamente” il bibliotecario è prevalentemente un dipendente pubblico (di un ente locale, territoriale o centrale), assunto per concorso. Una ulteriore percentuale di bibliotecari è assunto da enti ecclesiastici, mentre una minima parte è impiegata da organizzazioni private. Nella storia più recente, invece, sempre più frequentemente i servizi bibliotecari sono affidati a figure professionali esterne agli enti oppure ad aziende di servizi che impiegano bibliotecari per svolgere in outsourcing determinati servizi propri della professione. L’attenzione dell’Osservatorio si è quindi rivolta spesso all’analisi di bandi di gara (segnalati dagli associati, in genere) per l’affidamento di servizi bibliotecari che presentano criticità, ad esempio quando le mansioni richieste non sono pensate e formulate per essere svolte da bibliotecari professionisti, come peraltro riconosce anche la normativa (legge n. 4/2013). In quest’ottica è stato stilato dall’Olavep il Decalogo per le esternalizzazioni dei servizi bibliotecari, teso a indicare alle stazioni appaltanti e agli operatori economici i requisiti più corretti per affidare all’esterno i servizi delle biblioteche. In quest’ambito di analisi rientra anche il delicato tema del ricorso ai volontari e alle associazioni di volontariato, sulla spinta della cronica penuria di investimenti nei beni culturali, che rischia di virare pericolosamente verso la sostituzione dei professionisisti con i volontari. A questo scopo l’Osservatorio ha redatto e divulgato anche le Linee guida per il personale di supporto ai bibliotecari.
Altro elemento da considerare è la progressiva precarizzazione che ha caratterizzato negli anni più recenti il lavoro bibliotecario, con il crescente abuso della formula co.co.pro. e co.co.co. L’Osservatorio ha cercato di intervenire, per quanto possibile, soprattutto nelle situazioni valutate come più “ingiuste”, sensibilizzando per far sì che venissero bloccati o modificati contratti di lavoro dequalificanti per la professione. Nella situazione lavorativa dei bibliotecari è intervenuto un ulteriore cambiamento con l’entrata in vigore del “jobs act”, che ha di fatto eliminato i suddetti contratti di collaborazione, da un lato favorendo l’impiego a tempo indeterminato anche presso i privati, dall’altro sottraendo ai bibliotecari opportunità virtuose di collaborazione coordinata e continuativa che, se correttamente applicata, consentiva soprattutto ai giovani di sperimentare diverse realtà lavorative e quindi anche di formarsi “sul campo”.
Bisogna infatti considerare che i bibliotecari non sono tutti uguali, che ciascuno può e deve, un po’ alla volta, capire quali siano gli ambiti che preferisce approfondire: un bibliotecario di ente locale, in cui la biblioteca è spesso gestita da una sola persona, non fa le stesse cose di un bibliotecario addetto al reference di una grande biblioteca universitaria. E ancora, un bibliotecario appassionato di libro antico non avrà le stesse competenze di un bibliotecario scolastico. Ci sono bibliotecari che si scoprono “catalogatori ad libitum” e altri che trovano una ragione di vita nell’organizzare di eventi di promozione alla lettura… Approfondendo e mettendosi alla prova nei diversi contesti è certamente più facile trovare la propria vera strada. Questa ricerca non dovrebbe mai essere sottovalutata da chi completa il proprio corso di studi in biblioteconomia, che deve essere considerato solo un primo gradino verso la professione.
Da membro del’Olavep e da titolare di un’azienda che opera in questo settore mi sento di chiudere richiamando un elemento che va al di là di ogni considerazione giudico-normativa, fiscale e giuslavoristica: è fondamentale avere in sé, con consapevolezza, il piacere di occuparsi di qualcosa che ci interessa e che ci sta a cuore. In ogni colloquio di lavoro, in ogni curriculum che arriva, io cerco questo aspetto, che non può emergere solo dall’elenco di esami e di seminari e di master frequentati. Diversamente non avrebbe senso scegliere questo corso di studi, far parte dell’AIB, avviare un’attività imprenditoriale, fare concorsi su concorsi. L’elemento “passione” resta a mio avviso quello primario, veicolo di serietà professionale, rigore, convinzione ed efficacia, humus primario con il quale le biblioteche mantengono e rafforzano il fondamentale ruolo di motori sociali e culturali di ogni paese civile.

[Seconda parte]

ponzaniVittorio Ponzani – Presidente AIB Lazio – ponzani(at)aib.it

 

 



Lucilla LessLucilla Less – Vicepresidente AIB Lazio e membro Osservatorio lavoro e professione AIB – lucilla_aib(at)archivibiblioteche.it