Che cos’è un videogioco?

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa recensione di Francesco Mazzetta.

Marco Accordi Rickards nel suo libro recentemente pubblicato da Carocci cerca di rispondere alla domanda fin dal titolo, traducendo la domanda stessa in affermazione. Accordi Rickards, già giornalista videoludico, direttore di varie testate specialistiche ed ora docente di Teoria e critica delle opere interattive presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, direttore di Vigamus (il Museo del Videogioco di Roma, inserito nell’Anagrafe delle Biblioteche Italiane con ISIL IT-RM2011) e di Vigamus Academy (che offre corsi di Laurea e Laurea Magistrale dedicati all’Industria del Videogioco) nel libro Che cos’è un videogioco (Carocci, 2021) offre una risposta divulgativa aggiornando la definizione offerta in passato del videogioco quale “opera multimediale interattiva”. In realtà verrebbe da chiedere: chi è che non sa “cos’è un videogioco”? Forse addirittura a Carlo Calenda, politico ed ex ministro, nonostante i suoi tweet videogame-fobici, è capitato di giocare a qualche solitario o a qualche versione di Tetris sullo smartphone in uno degli spazi forzatamente vuoti della vita (in attesa dal medico, in stazione, all’aeroporto, etc.).

Accordi Rickards si sforza di uscire però dalla rappresentazione “ingenua” offerta dai media per offrire una visione aggiornata ed “adulta” del videogioco come “esperienza interattiva”. Non gli sembra basti più infatti la denominazione di “opera multimediale” a fronte di fenomeni emergenti quali l’e-sport, il “videogioco-prodotto” (i “free-to-play” come Candy Crush Saga o buona parte dei giochi per “mobile”) o i serious games/applied games (e qui come esempio viene riportato Wii Fit). La dimensione di “opera” del videogioco gli sembra comunque quella più importante – almeno a livello culturale – e meritevole di approfondimento ed a questa dimensione è dedicato l’approfondimento del libro. Approfondimento che cerca di chiarire sia la genesi del medium, sia l’approccio critico (sempre in passato, spesso ancor oggi) dilettantistico e legato alle priorità commerciali di categorizzazione dell’opera videoludica ai fini della riconoscibilità e più facile promozione e commercializzazione. In quest’ambito rientrano i cosiddetti “generi” (ad esempio: action-adventure, first person shooter, free-roaming, ecc.) che l’autore presenta solo per sottolinearne la povertà critica e la sempre più scarsa rispondenza ai titoli più recenti che sfruttano le varie modalità ludiche per proporre opere sempre più complesse e profonde.

Correttamente  Accordi Rickards evidenzia anche certe esagerazioni accademiche legate ai game studies come la contrapposizione apparentemente insanabile tra le correnti “narratologica” e “ludologica”, dove la prima afferma la preminenza della narrazione in tutto il medium mentre la seconda la nega completamente. L’approccio è qui al contrario ragionato mostrando la presenza di vari gradi di narrazione all’interno dei videogiochi che devono essere adeguatamente valorizzati dall’elemento interattivo.

A fronte dei due profili “classici” di videogiocatori che sono presenti nella narrazione giornalistica: il “casual” e l’“hardcore” gamer, Accordi Rickards ripropone il profilo del conscious gamer, cioè del videogiocatore che sa valutare criticamente l’opera videoludica,  cogliendone gli aspetti artistici e culturali. In vista di una definitiva completa maturazione del medium che avverrà, secondo l’autore, quando il videogioco saprà esprimere una visione compiutamente e coscientemente politica del mondo.

Pur valutando assai positivamente un testo che sa offrire spunti di approfondimento e riflessioni tutt’altro che scontate a contrastare le banalità dei media generalisti, ma spesso anche degli appassionati, restano zone d’ombra ed aspetti irrisolti. Ad esempio del tutto inesplorato resta l’ambito della “gamification” (l’applicazione di aspetti ludici a pratiche non ludiche come l’istruzione o la promozione – ad esempio – dei portali bibliotecari) che non si può ridurre in toto all’ambito dei serious game così come assai insoddisfacente è la definizione di “esperienza interattiva”, potendo essere utilizzata per descrivere anche elementi molto diversi dai videogiochi (ad esempio uno scambio di tweet con Lankes per il sottoscritto risponde perfettamente alla descrizione). Tuttavia si tratta di un ottimo testo per iniziare a capire che il videogioco è un medium che, alla pari degli altri, ha non solo la dignità per essere presente nell’offerta della biblioteca, ma che anzi – anche a fronte delle indicazioni delle ultime Linee guida IFLA per le biblioteche 0-18 (di cui è recente la messa a disposizione in traduzione italiana) – la biblioteca deve offrire per stare al passo col panorama culturale.

Sul videogioco e sulla sua presenza in biblioteca discuteranno Cristina Bambini, Alberto Raimondi ed il sottoscritto con Marco Accordi Rickards venerdì 14 maggio, alle ore 18.00, sul canale YouTube di AIB e sulla pagina Facebook di IGD Italia.

Francesco Mazzetta