Convenzione di Faro, sostenibilità e biblioteche a Ravello

Il 10 e 11 giugno si è svolto a Ravello, nella suggestiva cornice dell’Auditorium Oscar Niemeyer, il convegno “Convenzione di Faro e Obiettivi di Sviluppo sostenibile: destini incrociati” organizzato dal Centro universitario europeo per i beni culturali (CUEBC) e l’Associazione italiana biblioteche (AIB). Il Convegno ha promosso una riflessione pubblica sulle opportunità e sulle possibili prospettive di integrazione di attività e iniziative per l’attuazione della Convenzione di Faro sul valore dell’eredità culturale e dell’Agenda ONU per lo sviluppo sostenibile, muovendo dalla consapevolezza della centralità della cultura e dell’eredità culturale per lo sviluppo e la qualità della vita. L’appuntamento ha registrato la presenza convinta della comunità bibliotecaria italiana e campana e delle varie anime del panorama culturale del territorio, istituzioni e personalità, in primis.

Le attività si sono aperte con i saluti istituzionali di Alfonso Andria, presidente del Centro Universitario per i Beni Culturali di Ravello, del sindaco della città Paolo Vuilleumier e del presidente nazionale AIB Rosa Maiello. Indirizzi di saluto, che si sono trasformati in interventi di ampio respiro e che sono serviti a dare un fecondo indirizzo alla giornata di studi, sono giunti anche da Valdo Spini, presidente dell’Associazione delle istituzioni di cultura italiane e dal senatore Riccardo Nencini presidente della 7ª Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali) del Senato.

La prima sessione dal titolo “Chi fa cosa in Italia. Quadro normativo, stakeholders, rilevazioni, azioni di sistema” coordinata dal presidente Alfonso Andria si è aperta con l’intervento di Viviana Di Capua (ricercatore in Istituzioni di diritto pubblico, Università di Napoli Federico II). L’intervento ha ricostruito la storia del dibattito italiano sui beni comuni, proseguendo lungo la prospettiva che considera la cultura e il sapere umano come nuova forma di risorsa comune, soffermandosi su alcune esperienze applicative della Convenzione, dalle quali è emersa una proficua interazione con le operazioni di rigenerazione territoriale comprendenti interventi su beni culturali in stato di degrado o di abbandono che raccontino la storia di una comunità e di un territorio.

L’intervento di Paola Dubini (Chair del Gruppo Cultura di ASviS e professore associato di Economia aziendale, Università Bocconi) partendo dalla considerazione di quanto la convenzione di Faro stimoli le comunità e i territori a custodire e tramandare conoscenze, abilità e pratiche specifiche è giunto alla riflessione di quanto l’effettiva possibilità che questo patrimonio si conservi e si trasmetta è fortemente condizionato dalle caratteristiche socio culturali del contesto e dalle economie che possono svilupparsi attorno a questi saperi. Perché questo patrimonio immateriale rimanga elemento distintivo di una comunità e fattore di crescita è necessario che sia visibile e fatto proprio, inserendosi nella contemporaneità.

A fronte delle difficoltà nella fruizione dei servizi culturali, anche legate ad una gestione inefficiente del patrimonio culturale, l’ordinamento sovrastatale suggerisce il ricorso forme di valorizzazione più sostenibili che presuppongono un coinvolgimento attivo delle comunità, la ricerca di forme più snelle di collaborazione pubblico privato e la definizione di strumenti per la rigenerazione ed il riuso del patrimonio culturale, questo è stato il tema dell’intervento di Carmen Vitale (ricercatore di Diritto Amministrativo, Università di Macerata) che pone la cultura come motore per politiche di innovazione e sviluppo (il c.d. welfare culturale) che possono, se opportunamente indirizzate, contribuire a ridurre le disuguaglianze territoriali e sociali.

Anna Papa (professore ordinario di Diritto pubblico, Università di Napoli Parthenope) ha riflettuto su quanto l’interesse delle future generazioni abbia trovato collocazione nell’art. 9 della Costituzione, in seguito alla recente riforma costituzionale del febbraio 2022. Tale riforma ha reso evidente come occorra procedere ad un nuovo bilanciamento tra gli elementi del nuovo art. 9: in primo luogo tra generazione presente e generazioni future; in secondo luogo, tra ambiente, patrimonio culturale e paesaggio, la cui linea evolutiva non appare pienamente coincidente. In questa riflessione, la Convenzione di Faro – pur con qualche difficoltà interpretativa derivante dalla legge italiana di ratifica – concorre a fornire alcuni importanti criteri alle future scelte e alla ricerca di nuovi equilibri.

Da parte sua Rossana Morriello (componente di EBLIDA Expert Group European Libraries and Sustainable Development Implementation and Assessment; componente di IFLA ENSULIB Environment Sustainability and Libraries; bibliotecaria al Politecnico di Torino) ha presentato i primi risultati di un questionario sull’Agenda 2030 promosso dall’AIB e indirizzato alle biblioteche sul territorio nazionale, dai quali è emerso la necessità imprescindibile di percorsi di formazione e istruzione e di rafforzamento delle reti di relazioni. Le biblioteche sono istituzioni diffuse capillarmente e punti nevralgici per propagare la consapevolezza tra i cittadini, ma per farlo non possono prescindere dal consolidare le linee sinergiche di interazione.

Ha chiuso la sessione mattutina l’intervento di Giuliano Volpe (ordinario di Archeologia, Università di Bari; presidente della Federazione delle Consulte universitarie di Archeologia) che ha ripercorso le tappe del percorso di ratifica della Convenzione di Faro da parte del Parlamento italiano e dell’azione che in tal senso ha svolto il Consiglio superiore ‘beni culturali e paesaggistici’ del MiBACT ora MiC, durante la sua presidenza, a partire dalla questione, centrale e nient’affatto ‘accademica’, della traduzione di “cultural heritage”.  La relazione si è chiusa con la proposta di puntare, nell’applicazione dei principi della Convenzione di Faro, non già su misure top down, ma ad un’azione bottom up, dal basso, valorizzando le tante realtà attive in ogni territorio d’Italia.

La sessione pomeridiana coordinata dalla presidente nazionale AIB Rosa Maiello ed incentrata sul ruolo delle biblioteche nell’applicazione dei principi dettati dalla Convenzione di Faro e dall’Agenda 2030 dell’ONU, si è aperta con l’intervento di Laura Ballestra (coordinatore del Gruppo di studio AIB sulla Documentazione di fonte pubblica e direttore della Biblioteca della LIUC Università Cattaneo) e la sua riflessione che ha considerato le biblioteche come luoghi che non si limitano a proporre e conservare i documenti prodotti dalla comunità di riferimento, ma intese come luogo proattivo che promuove l’uso attraverso azioni di educazione all’information literacy dei cittadini.

A seguire la relazione di Cecilia Cognigni (coordinatore della Commissione AIB Biblioteche pubblichi, responsabile Servizi al pubblico, Attività culturali, Qualità e sviluppo delle Biblioteche civiche torinesi) si è soffermata, alla luce della recente revisione dell’articolo 9 della Costituzione, sulle opportunità offerte ai servizi bibliotecari di dare visibilità al ruolo che possono e debbono svolgere per garantire la tutela e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali, sottolineando quanto sia importante far crescere la consapevolezza e il riconoscimento delle responsabilità individuali e collettive nei confronti dell’eredità culturale, per garantire lo sviluppo umano e la qualità della vita, come recita appunto la Convenzione di Faro.

L’intervento dell’on. Flavia Nardelli, componente della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati, a partire dall’impegno per la ratifica della Convenzione di Faro nell’ordinamento italiano, ha aperto ampi spiragli di riflessione sulle politiche di tutela e valorizzazione dei beni culturali favorendo un proficuo confronto tra gli intervenuti al convegno.

Serge Noiret (presidente dell’Associazione italiana per la Public History) ha sottolineato l’importanza dell’impegno diretto del pubblico, favorendo così, anche in ambito patrimoniale, la diffusione delle pratiche di Public History. Diversi progetti multimediali nazionali ed internazionali di Public History sono nati nel 21° secolo con il diretto contributo della cittadinanza. Gli storici professionisti influenzati dai movimenti di base e dall’attivismo culturale, sociale e politico delle comunità territoriali, hanno quindi instillato un’etica più democratica nella pratica storica, gettando le basi per fare emergere una storia pubblica favorita dal digitale. Queste nuove modalità di partecipazione popolare e comunitaria, non si sono limitate alla conservazione e alla valorizzazione di patrimoni esistenti nei loro territori, ma hanno permesso la creazione di nuovi patrimoni generati direttamente dalle comunità stesse e che costituiscono una loro eredità comune e ne sottolineano gli aspetti culturali e storici insieme al ruolo delle memorie collettive e delle costruzioni identitarie. Di questo ha preso atto la Convezione di Faro: valorizzare la propria storia come bene comune è parte integrante dei diritti inalienabili dell’umanità come dei singoli individui e delle loro comunità. Il diritto all’accesso alla propria storia (il patrimonio ne è parte integrante) è centrale nell’ermeneutica della Public History.

Ricco di suggestioni è stata anche la relazione di Maria Cristina Misiti (già dirigente MIC; studiosa di bibliografia, storia del libro, grafica e collezionismo) e Maria Giulia Rinaldi (storica dell’arte e collaboratrice dell’Istituto Centrale per la Grafica, MIC) che hanno presentato il progetto Piranesi multimediale: un libro interamente in formato digitale (www.piranesimultimediale.it)). Non un vero e proprio e-book ma un prodotto che segue il tracciato di un libro suddiviso in capitoli, con plurime connessioni trasversali ad altre risorse digitali e infinite possibilità di apertura di ipertesti, documenti, immagini ad alta definizione, video, elaborazioni grafiche.

La recente emergenza planetaria ha messo tutti noi di fronte a una verità ovvia, ma che evidentemente in tanti casi preferivamo ignorare: nonostante il progresso e i risultati straordinari della scienza e della tecnologia, rimaniamo esseri fragili da questo assunto prende le mosse la relazione di Paul Gabriele Weston (Scuola Vaticana di Biblioteconomia). Le biblioteche, come le altre istituzioni a carattere culturale, sono state costrette alla chiusura e quando hanno potuto riattivare, almeno in parte, i loro servizi, lo hanno dovuto fare nel rispetto di direttive che, se da un lato hanno consentito di salvaguardare la salute del personale e degli utenti, dall’altro lato hanno di fatto impedito loro di svolgere quella funzione di tutela sociale, che, combinandosi con il compito di rispondere ai bisogni di natura culturale, hanno fatto della biblioteca pubblica un soggetto sempre più centrale nella vita della comunità in cui opera. La necessità di far vivere la biblioteca anche nel momento in cui le sue sale erano deserte ha sollecitato la fantasia dei bibliotecari, che si sono avvalsi del digitale e della multimedialità per attivare nuovi servizi e creare nuovi ponti. È arrivato il momento di estendere queste forme di vicinanza a quei cittadini, grandi e piccini che a motivo delle loro condizioni hanno bisogni speciali.

Non pochi sono stati in questi anni in Italia i progetti inclusivi avviati da biblioteche, individualmente o in forma consortile, anche grazie alla collaborazione di fondazioni e di associazioni del terzo settore. La partecipazione di qualche progetto al Premio intitolato a Maria Antonietta Abenante e una ricerca sul web ha permesso una prima ricognizione che, per quanto sommaria, permette di identificare caratteristiche e modalità di svolgimento comuni a tutti i progetti. Allo scopo di condividere la riflessione su tematiche di così grande impatto etico ed umano con il mondo bibliotecario nel nostro Paese, di fare emergere e far conoscere le iniziative in corso, che saranno certamente assai più numerose di quelle che è stato possibile rilevare nel corso di questa prima ricognizione, di elaborare delle linee guida e un elenco di buone pratiche da sottoporre ad una review nazionale e per avviare qualche progetto pilota al fine di valutare efficacia e fattibilità delle soluzioni proposte, il CNRP dell’AIB in data 2 marzo 2022 ha approvato la costituzione di un Gruppo di studio la cui denominazione dovrà essere concordata tra i partecipanti.

L’intervento di Giovanni Solimine, (Sapienza Università di Roma; presidente della Fondazione Maria e Goffredo Bellonci), che ha chiuso la sessione pomeridiana, ha delineato il percorso attraverso il quale le biblioteche pubbliche possano rivitalizzare la loro dimensione ‘civica’. Il tema è stato affrontato da una pluralità di prospettive, a partire dal concetto di “benessere” messo a fuoco da economisti come Amartya Sen, dalle politiche di welfare, dalla crisi del modello urbano, messo in discussione dall’ondata pandemica e, prima ancora, dalla pervasività della rete. Il compito di ricucire le lacerazioni sociali che caratterizzano tante parti del nostro Paese non è agevole, come dimostrano anche i dati del recente rapporto BES dell’Istat, da cui emerge un forte calo dell’uso delle biblioteche e della partecipazione culturale fuori casa. Una biblioteca capace di rapportarsi all’ecosistema di cui è parte si alimenta mediante il tessuto infrastrutturale che innerva i territori e che determina le condizioni della qualità della vita. Decisivo risulta il mix fra il soddisfacimento di bisogni formativi e di apprendimento, di curiosità culturali, di impegno intelligente del tempo libero, di stimolo allo sviluppo della creatività, unitamente a una forte azione a favore dell’inclusione sociale e del dialogo interetnico e interculturale. Una biblioteca inserita in una rete di presìdi culturali di prossimità può uscire dallo stato di marginalità in cui è attualmente relegata, coprendo quella zona di confine tra lo studio, la ricerca, la sperimentazione, l’intrattenimento e il divertimento che va sotto l’etichetta di learning by doing, una nuova forma di sapere e una nuova modalità di apprendimento.

Nella seconda giornata del convegno si è sviluppata la terza sessione dal titolo coordinata da Stefano Ruffo, (coordinatore della Commissione Biblioteche della CRUI, professore ordinario di Fisica della materia, SISSA di Trieste) e dedicata a Trasformazione digitale sostenibile. Tutela, Accesso, Riuso.

Il contributo di Alessandro Arienzo (coordinatore della rete universitaria europea AURORA; professore associato di Storia delle dottrine politiche, Università di Napoli Federico II) ha illustrato la necessità che si sviluppino iniziative pilota per la costituzione di infrastrutture digitali necessarie al coordinamento, alla condivisione, al networking di docenti, ricercatori, studenti e stakeholders. Le sfide tecnologiche poste da una crescente integrazione/internazionalizzazione delle attività degli atenei diventano il prerequisito per la diffusione e l’integrazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile nelle politiche di ricerca, sviluppo, innovazione e impatto sociale degli atenei europei.

Giovanni Bergamin (coordinatore dell’Osservatorio AIB Biblioteche e sviluppo sostenibile) ha proposto una discussione aperta sui temi del patrimonio culturale digitale e la sua sostenibilità nel contesto della trasformazione digitale (soprattutto nelle biblioteche) con un’attenzione particolare alle tematiche della conservazione del digitale nel lungo periodo.

La relazione di Deborah De Angelis (Chapter lead di Creative Commons Italia) ha illustrato gli strumenti CC come un mezzo chiave del cambiamento, in grado di rispondere all’esigenza di tutela, valorizzazione e accesso al patrimonio culturale in un’ottica volta alla creazione di un ecosistema digitale equo e sostenibile in tutto il mondo.

L’intervento di Gianni Penzo Doria (dirigente alle Attività istituzionali del Rettore dell’Università degli Studi dell’Insubria e responsabile scientifico di Procedamus e di Umanesimo Manageriale) ha proposto un’interessante riflessione su quali siano i costi – finanziari, economici e sociali – dell’applicazione dell’AI al mondo dei beni culturali e, più in generale, alla nostra società.

Roberto Delle Donne (coordinatore dell’Osservatorio CRUI sulla Scienza aperta; professore ordinario di Storia medioevale, Università di Napoli Federico II) si è interrogato su quale ruolo possono avere i sistemi bibliotecari nel promuovere la trasformazione digitale e la scienza aperta. La lunga tradizione di esperienze di collaborazione e, soprattutto, di cooperazione interbibliotecaria, avviata già negli anni Ottanta del secolo scorso, può essere rinnovata e attualizzata per dare vita a infrastrutture di sostegno alla scienza aperta.

Due mostre hanno accompagnato la due giorni di interventi. La prima nata dall’iniziativa della Sezione Emilia-Romagna dell’AIB. Biblioteca, voci da un giardino in movimento, concorso per giovani illustratori, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 e con le “Pratiche bibliotecarie e obiettivi di sviluppo sostenibile”, voleva essere una proposta di riflessione sulla biblioteca come “giardino in movimento”. La biblioteca pensata come luogo aperto, sempre rinnovato e mobile, capace di rompere le frontiere, insinuarsi oltre i muri, seguire il corso dei fiumi e raccogliere le voci, non solo umane, che abitano la Terra e contribuiscono alla sua vivibilità e sostenibilità, presenti e a venire.

La sezione campana dell’associazione ha curato la mostra di un artista locale che trasforma vecchi libri in elaborate sculture, con una precisione chirurgica e una pazienza davvero straordinaria, delineando con cura, millimetro dopo millimetro, quella che diventerà una scultura di carta e parole, donano nuova vita ai libri, quelli usati, abbandonati oppure invecchiati dalla lettura e l’usura. Creazioni sorprendenti, uniche, che sono diventate delle piccole opere d’arte tridimensionali, volti, dediche a bassorilievo, disegni, fiori, strumenti musicali, etc. Nell’era del digitale, restituire alla carta, alla creazione artigianale, unica e laboriosa, la giusta importanza, dare ai libri una seconda possibilità impreziosendo ulteriormente il valore di uno scritto, diviene di fondamentale importanza in un’ottica di sostenibilità.

La sezione campana ha inoltre curato l’allestimento di due punti informativi dedicati ai progetti portati avanti dalla sezione: “Parole in circolazione” iniziativa a favore della lettura e della valorizzazione libraria e “Mamma Lingua. Storie per tutti, nessuno escluso” progetto vincitore del bando “Leggimi 0-6” 2019 del Centro per il libro e la lettura e di cui la sezione è presidio territoriale per la Campania.

Alla luce della proficua cooperazione tra le istituzioni promotrici del convegno emersa lungo tutto il corso delle due intense giornate di confronto, è nata l’esigenza di rendere permanente tale attività di riflessione e dibattito sullo “stato dell’arte” con un appuntamento di aggiornamento a cadenza almeno biennale. La pubblicazione degli atti, infine, incoraggerà sicuramente nuove riflessioni e auspicabilmente potrà condurre alla definizione di “buone pratiche” che indirizzino le azioni delle biblioteche in merito all’attuazione degli obiettivi dell’Agenda 2030.

Remo Rivelli

Comitato Esecutivo Regionale AIB Campania


La Segreteria del convegno