Ex Libris, il documentario di Wiseman sulla New York Public Library

E’ stato proiettato nei cinema italiani Ex Libris: The New York Public Library, il documentario diretto da Frederick Wiseman sulla grande biblioteca americana. L’occasione ha permesso a molti bibliotecari di vedere il film e ne è nata una discussione in AIB-CUR, con apprezzamenti ma anche dubbi e perplessità sull’opera. Dal dibattito nella lista sono emerse considerazioni sul taglio promozionale del documentario e su quale fosse l’obiettivo del regista, sul fatto che in fondo non ci sia grande differenza tra quanto raccontato  sulla NYPL e quanto accade in molte biblioteche italiane e dunque – ci si è chiesto – perché in Italia non si produce un lavoro come questo?

Uno dei motivi che hanno portato alla realizzazione del documentario l’ha spiegato lo stesso Wiseman  alla presentazione alla 74. Mostra del Cinema di Venezia, dove il film ha vinto alcuni premi collaterali, il Premio FIPRESCI – Federazione Internazionale Stampa Cinematografica e il Premio Fair Play Cinema, oltre al premio non ufficiale dell’Associazione Vivere Da Sportivi (che si aggiungono al Leone d’Oro alla carriera già vinto dal regista nel 2014):  Le biblioteche pubbliche in America sono cambiate da quando ero giovane. Ricordo che andavo in biblioteca a prendere i libri. Ora le biblioteche offrono molto di più. Durante le riprese del film sono rimasto colpito nello scoprire la grande varietà di servizi, opportunità ed esperienze che le biblioteche forniscono a chiunque vi acceda. Le biblioteche odierne sono diventate dei centri comunitari con corsi doposcuola per i bambini e corsi di formazione per gli adulti in lingue, cittadinanza, economia e informatica.

Sebbene sia stato un frequentatore di biblioteche, il regista si è reso conto  della  varietà di servizi che le biblioteche offrono solo durante la realizzazione del film. Eppure Wiseman, ormai ottantottenne, è un attento osservatore della realtà sociale e culturale che ha continuato a esplorare e analizzare  fin dal suo esordio alla regia nel 1967. Se l’occhio di un grande regista attento e coinvolto socialmente  non aveva, prima, piena conoscenza dei servizi che le biblioteche offrono, si può immaginare che il cittadino comune, il politico, un qualsiasi stakeholder ne abbia  ancora di meno. Dunque l’obiettivo del documentario è stato quello di comunicare a tutti, a un pubblico vasto e indifferenziato, che cos’è una biblioteca oggi.

Dal tipo di scelte stilistiche adottate, montaggio, ritmo, inquadrature, sequenze, sembra, in ogni caso, che il pubblico primario che Wiseman aveva in mente non fosse l’utente (o il potenziale utente) della biblioteca ma l’opinione pubblica, il mondo dei media e la politica. Non a caso nelle interviste che rilascia alla stampa non manca mai di citare il ruolo politico che questo film ha assunto alla luce dell’elezione, avvenuta durante la realizzazione dell’opera, del nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, come indicato anche sul sito della Wonder Pictures, la società che ha distribuito il film in Italia: Nell’America di Trump, [la biblioteca] è probabilmente non solo l’istituzione più democratica, ma anche quella ideologicamente più importante. Il suo messaggio, oggi quanto mai attuale, è chiaro e potente: qui dentro, chiunque è il benvenuto.

In un’America protezionista e conservatrice la necessità di trasmettere al mondo un messaggio di apertura, inclusione e accoglienza diventa una priorità. Tanto da sbilanciare il documentario su questi temi.  In parte per far conoscere le attività meno tradizionali dell’istituzione bibliotecaria ma anche per controbilanciare la tendenza politica introdotta dalla nuova presidenza. Resta il fatto che i libri sono quasi del tutto assenti dal documentario, con le attività più tradizionali quali la consultazione e il prestito,  sicuramente anche le più note al pubblico. Come a sottolineare che in biblioteca ci sono i libri ma c’è anche molto altro. D’altronde il motto che si ripete nel film è libraries are not about books, libraries are about people. E le persone in questo film sono, infatti, molto più presenti dei libri.

Gli utenti innanzitutto, che la biblioteca cerca di raggiungere proponendo attività di ogni genere. Ci sono le presentazioni di libri, gli incontri con gli autori,  con i bibliotecari e con gli esperti, in cui si discute di temi sociali quali la discriminazione razziale o il ruolo della donna, s’insegna ai bambini non madrelingua a leggere e parlare in inglese, s’insegna a utenti di ogni età a usare il computer;  si possono incontrare musicisti come Elvis Costello, si può prendere in prestito un intero set per il collegamento a internet, incluso hot spot per un anno, o chiedere al telefono a un bibliotecario che cos’è esattamente un unicorno. Chiunque può consultare la Picture Library usata da tutti i grandi artisti di New York (e dalla quale Andy Warhol ha rubato un sacco di cose, racconta il bibliotecario). Chiunque  può  avere accesso alle stesse risorse documentarie rese disponibili ad Andy Warhol e altri grandi artisti, liberamente e gratuitamente.

La biblioteca pubblica di New York (e le sue sedi decentrate)  appaiono come un organismo vivente, collocato nel cuore pulsante della città. Non a caso viene spesso inquadrata dall’esterno, immersa nei rumori e nei ritmi del traffico, della vita quotidiana, per ricordare che quell’edificio non è un’entità distante, ma è a portata di mano per tutti. E’ un luogo cittadino inclusivo, egualitario, antirazziale, in una parola democratico. Un simbolo forte per una nazione che ha sempre fatto della democrazia il suo vessillo, democrazia che,  con la presente amministrazione,  corre oggi seri rischi. Libraries are the pillars of our democracy, le biblioteche sono i pilastri della nostra democrazia, si dice in una scena del film, citando la poetessa Maya Angelou  che definiva le biblioteche “arcobaleni in mezzo alle nuvole”.

Se l’obiettivo di Ex Libris era mostrare tutto quello che l’istituzione biblioteca può offrire, e soprattutto il suo carattere  inclusivo e democratico, il diritto per tutti all’informazione e all’accesso ai mezzi necessari per migliorarsi, i cardini sui quali si fonda la cultura protestante americana, il regista ci è riuscito appieno. L’ha mostrato per la New York Public Library ma in generale per tutte le biblioteche. Non è solo la NYPL ma è l’istituzione bibliotecaria la protagonista del film. Tutte le biblioteche, anche le biblioteche italiane, possono offrire ciò che offre la NYPL. A volte con altrettanto impatto, a volte meno, ma non importa. La biblioteca oggi è quello che descrive Wiseman. Non solo libri.

Le scelte stilistiche per raggiungere l’obiettivo si possono ovviamente discutere. Il documentario con i suoi 197 minuti è forse troppo lungo (ma non noioso), le scene degli incontri con gli autori potevano essere ridotte (sebbene siano quelle in cui vengono affrontati i temi sociali di cui si è detto), un montaggio  più ritmico avrebbe magari giovato (ma c’è anche il contrasto evidente tra la freneticità delle inquadrature in esterna, in mezzo al traffico cittadino, e la placidità delle scene interne, in biblioteca, sulla quale la maggior parte del documentario si adagia). La parte iniziale del film è lenta e un po’ ridondante ma contiene una bella citazione di Il cielo sopra Berlino, il film di Wim Wenders del 1986. La famosa scena della biblioteca nella quale gli angeli di Wenders ascoltano i pensieri degli utenti intenti a leggere sembra essere ripresa da Wiseman quando, partendo da un’analoga inquadratura dall’alto, si sofferma  sugli utenti che  sono intenti a consultare i loro computer e device digitali. Cambiano i tempi, cambiano le tecnologie, cambiano i supporti, ma questi pilastri chiamati biblioteche continuano a sorreggere la democrazia in ogni nazione. In fondo un bel messaggio promozionale!

 

Rossana Morriello