Tra prendere o lasciare, noi preferiamo prendere: sulla direttiva Diritto d’autore nel mercato unico digitale

Riceviamo dal presidente AIB Rosa Maiello.

Desidero anzitutto ringraziare gli Associati AIB, per il sostegno alle campagne che ci vedono attivi. Come sa chiunque l’abbia seguita in tanti anni, quella in materia di Copyright è un’azione sistematicamente e da sempre  orientata a ottenere il riequilibrio tra diritti esclusivi dei titolari e libere utilizzazioni, un equilibrio che, almeno dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso ad oggi, è progressivamente saltato, a causa di una lunga serie di direttive europee che hanno intensificato e moltiplicato i primi e compresso le seconde.

Inoltre, sono costretta a smentire alcune interpretazioni errate sul nostro conto e sulle presunte differenze tra la nostra posizione e quella delle associazioni europee. Mi riferisco a un comunicato a firma Maria Chiara Pievatolo, circolato in AIB-CUR, stranamente quasi simultaneo a una lettera indirizzata in forma anonima alla sottoscritta e al direttivo AIB dal Partito Pirata italiano, anch’essa circolata in AIB-CUR e altrove.

Per inciso, è curioso il fatto che i due comunicati si citino a vicenda, ed è curioso anche il fatto che entrambe le organizzazioni si siano accorte improvvisamente dell’AIB, dato che finora nessuna delle due si era finora interessata alle nostre attività, inclusa quella per il miglioramento della proposta di direttiva (ovviamente mi riferisco agli anonimi autori della missiva, non a Julia Reda, esponente del Partito Pirata in Europa, che in prima persona e apertamente è sempre stata attenta anche al nostro mondo).

Devo ricordare, non agli Associati AIB che lo sanno bene, ma a chi ci osserva dall’esterno che l’AIB è socio fondatore di IFLA ed EBLIDA e contribuisce attivamente alla definizione delle linee d’azione di entrambi gli organismi: ovviamente ciascuna associazione è autonoma nella scelta delle modalità di intervento, ma non mi risulta affatto che EBLIDA (i cui vertici ho avuto il piacere di incontrare a Napoli alcuni giorni fa, in occasione del loro meeting periodico) abbia una posizione diversa dalla nostra circa l’opportunità di spingere per l’emanazione della direttiva in questione. Lo stesso comunicato di LIBER citato da Pievatolo/AISA, seppure con diversità di accenti, sottolinea che sarebbe un peccato il fallimento della proposta, poiché significherebbe buttare a mare tutte le eccezioni e limitazioni in essa previste e tutto il lavoro fatto dalle stesse associazioni per migliorare il testo.  Vorrei anche segnalare questo altro comunicato di LIBER, del 14 febbraio scorso,  https://libereurope.eu/blog/2019/02/14/liber-welcomes-final-copyright-directive-text/, che non lascia margine a dubbi circa il sostegno di LIBER alla versione finale della direttiva.

Questa è esattamente la nostra posizione, come sa chi ha accompagnato e condiviso finora le nostre battaglie: e vengo al merito.

Oggi, per la prima volta dopo circa un ventennio, e dopo consultazioni, analisi e studi che durano da circa dieci anni, insieme alle attività di lobbying che hanno visto sempre IFLA ed EBLIDA (e anche LIBER, Europeana e altri) in prima fila, con il supporto non irrilevante di associazioni nazionali come l’AIB, ci troviamo di fronte all’opportunità di facilitare alcune attività importanti per la ricerca, la didattica e le biblioteche.

Infatti, la proposta di direttiva Diritto d’autore nel mercato unico digitale non è la migliore delle direttive possibili o quella che scriveremmo noi se ne avessimo il potere, e include due articoli che con le nostre richieste non c’entrano nulla, tuttavia è una direttiva che, se sarà emanata, consentirà in tutti gli stati membri UE, a certe condizioni, utilizzazioni quali: la digitalizzazione e comunicazione al pubblico di opere fuori commercio presenti nel patrimonio di biblioteche, archivi e musei; la digitalizzazione e comunicazione di opere protette nelle piattaforme elearning degli istituti di formazione (scuole e università); il data-mining su contenuti legittimamente ottenuti da parte di università e istituti di ricerca. Chiarirà inoltre che la digitalizzazione effettuata dalle biblioteche a scopo di conservazione è consentita  (in Italia lo è già, ma non lo è in tutti gli stati membri dell’Unione). Non è roba da poco, dato che sono anni che chiediamo queste cose.

Noi avevamo puntato a obiettivi più ampi (ne abbiamo parlato e scritto in più sedi, ad esempio qui: http://www.aib.it/attivita/2017/60533-statement-riforme-copyright-proposte-commissione-europea/; e qui:

http://www.aib.it/wp-content/uploads/2017/01/2017_14_all_Statement-su-riforma-UE-copyright.pdf. Da ultimo si veda il Rapporto AIB sulle biblioteche italiane 2015-2017,pubblicato nel 2018), e le nostre pressioni, insieme a e a supporto di quelle delle associazioni europee e internazionali, sono servite a introdurre molteplici miglioramenti alla versione iniziale.

Ora, il testo finale sottoposto al voto del Parlamento Europeo non è più ulteriormente negoziabile, l’alternativa è secca – prendere o lasciare.  E noi non abbiamo alcun dubbio che a questo punto si debba prendere!

Dev’essere a tutti ben chiaro che, in caso di archiviazione della proposta, nessuno tra gli “attori forti” in questo gioco avrà più interesse a riproporre la parte su eccezioni e limitazioni che interessa a noi e per le quali lottiamo da anni: né le lobby dei titolari dei diritti sui contenuti, che oggi accetterebbero le eccezioni e limitazioni in cambio dell’approvazione degli articoli 11 e 13, né le lobby dei titolari delle piattaforme di servizi commerciali, il cui unico interesse consiste, all’opposto, nel far saltare gli articoli 11 e 13.

Qualcuno è in grado di dire quanti parlamentari europei sarebbero pronti a riproporre solo le eccezioni e limitazioni a favore dei nostri istituti? Quanti appoggerebbero queste proposte? Me ne vengono in mente assai pochi. Tra gli italiani potrei citarne tre, di tre partiti diversi: gli onorevoli Isabella Adinolfi, Brando Benifei e Sergio Cofferati. Gli altri non ci hanno mai risposto, e sì che abbiamo scritto a tutti indipendentemente dal colore politico. Non sappiamo affatto chi ci sarà al prossimo giro, visto che gli attuali eletti sono in scadenza, e non abbiamo alcun motivo di supporre che i prossimi eletti saranno più sensibili di quelli attuali.

A riprova: avrete notato che nessuno, a parte le associazioni bibliotecarie, ha parlato d’altro finora che degli articoli 11 e 13, come se questi due articoli esaurissero l’intera proposta di direttiva. Provate a indovinare quanti, di tutti i numerosi tavoli, convegni, dibattiti, pubblici e riservati, cui come AIB siamo stati invitati a partecipare, in Italia e in Europa, sono stati dedicati alle richieste delle biblioteche e non ai soli articoli 11 e 13. La risposta è: uno solo (un meeting a Bruxelles organizzato l’anno scorso dagli on.li Benifei e Hoeneker). Di fatto, l’unico soggetto in Italia a occuparsi delle eccezioni e limitazioni previste dagli articoli 3-9 della direttiva è stata l’AIB, oltre ovviamente all’AIE, che lo ha fatto per suo conto e da posizioni molto diverse, ma evidentemente non inconciliabili: di qui, l’appello firmato congiuntamente dalle nostre due associazioni, che mantengono tutta la loro autonomia anche per iniziative future, ma riconoscono che si è giunti a un compromesso soddisfacente.

Del resto, per soffermarci sui soli due articoli 11 e 13 che hanno egemonizzato il dibattito pubblico, sapete chi è stato tra i primissimi in Europa e in Italia a segnalare che essi, nella formulazione originaria, erano pericolosi per l’Open Access, oltre che per la libertà di espressione? Ebbene, cari Associati, sappiate che è stata l’AIB, perché l’AIB c’è stata fin dall’inizio, dalla parte dei diritti del pubblico, della ricerca, della libertà di espressione: siate fieri di far parte di questa nostra Associazione.

Quanto all’art. 11, grazie anche a noi, ora la versione finale di tale articolo si limita ai quotidiani e ai servizi di news, prevede che i compensi a carico dei servizi di indicizzazione a favore degli editori di giornali online non bloccheranno la citazione dei link e di brevi brani, né potranno ostacolare la circolazione open access di copie di articoli pubblicati dagli autori con licenza aperta.  Al massimo si potrà dire che è una misura inefficace ad assicurare la remunerazione degli editori di quotidiani, come lo è in Germania dove vige una norma simile, ma l’articolo non si applica alle utilizzazioni private e a quelle non commerciali, sicché in caso di approvazione non lederebbe diritti fondamentali e riguarderebbe esclusivamente i rapporti tra editori dei quotidiani e motori di ricerca commerciali.

Quanto all’art. 13, grazie anche a noi, saranno escluse dall’ambito applicativo dell’articolo le piattaforme open access per la didattica e la ricerca, la libertà degli utenti sarà rispettata, le eccezioni e limitazioni esistenti saranno rispettate, le piattaforme dovranno “fare del loro meglio” per prevenire utilizzazioni illecite e per acquistare licenze sui contenuti caricati dagli utenti e solo se non potranno dimostrare di averlo fatto i tribunali potranno condannarle per violazione del copyright (avvertenza: in Italia esiste già da alcuni anni la responsabilità del provider se rifiuta di ritirare contenuti illegittimamente caricati e messi a disposizione del pubblico, peraltro con misure restrittive affidate all’AGCOM, nemmeno ai tribunali).

Il voto finale del Parlamento EU è previsto per fine marzo-metà aprile prossimi. Se, come chiedono alcuni governi nazionali, passerà la linea di stralciare gli articoli 11 e 13, la direttiva emendata tornerà al Consiglio EU che dovrà decidere se confermare lo stralcio o ritirare la proposta. Con le elezioni a maggio e nessuno a cui realmente interessino le eccezioni e limitazioni previste dalla direttiva, come credete che potrebbe finire, se non con un’archiviazione tombale dell’intera proposta? A noi sembra che questa sarebbe una sconfitta non solo per le biblioteche, ma per tutti i sostenitori dell’ampliamento dei diritti del pubblico.

Rosa Maiello

Maiello@aib.it