Assicurare la continuità della biblioteca: libri da asporto

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo aricolo sull’iniziativa “Libri da asporto” promossa in questi giorni in provincia di Rovigo.

L’iniziativa “Libri da asporto” promossa da un nutrito gruppo di bibliotecari della provincia di Rovigo, nasce come risposta spontanea dei lavoratori della cultura alle recenti disposizioni del Governo, poiché abbiamo ritenuto fosse giunta l’ora di dare un segnale collettivo, chiedendo come professionisti e come cittadini, che vengano valutate, concesse, ma soprattutto esplicitate dai decisori politici, modalità alternative di erogazione dei servizi di pubblica lettura. La nostra lettera aperta è stata scritta inoltre per sensibilizzare l’opinione pubblica a fronte di una decisione che,
specialmente per chi si trova come noi in una zona gialla dove gli esercizi commerciali sono aperti, appare poco motivata.
L’ulteriore chiusura prevista ha suscitato perplessità e preoccupazione negli operatori che, vedendo gli sforzi in termini di impegno e risorse fatti da loro stessi e dai proprio enti di appartenenza nei mesi appena trascorsi per adeguarsi a tutte le disposizioni anti-Covid, ora si trovano in ambienti
perfettamente a norma senza poter soddisfare le istanze informative dei propri utenti.
In questi mesi i bibliotecari polesani, come nel resto del Paese, hanno cercato di mantenere vivo il rapporto con la cittadinanza attraverso i social, le videoletture, il prestito a domicilio, il take-away, le iniziative spontanee nate dall’ingegno degli operatori, a fronte di un sempre minor numero di
risorse destinate a questo settore: si parla moltissimo di prestito digitale, ma ricordiamo che a volte nelle nostre piccole biblioteche comunali manca addirittura una connessione stabile alla rete.
Fin dall’inizio della pandemia siamo stati costretti a districarci tra atti che non citano mai le biblioteche ma le nascondono nel calderone della generica formulazione di “luoghi della cultura di cui all’art. 101 del Codice dei bbcc”, abbiamo cercato di derivare delle regole d’ingaggio
mutuandole da quelle previste per istituti scolastici, librerie o altre categorie, e quando abbiamo chiesto chiarimenti a coloro che hanno la responsabilità di fornirle è stato pure peggio, con indicazioni contraddittorie, che si smentivano a vicenda, di ULSS, Prefetti e Sindaci, che
cambiavano di provincia in provincia, di Comune in Comune, ognuno per sé. Esemplare la diatriba sui giorni di quarantena previsti per i libri, ci abbiamo discusso per settimane: l’istituto di patologia del libro diceva una cosa, le ULSS locali un’altra, gli amministratori in larga parte non si filavano né gli uni né gli altri.
Sono passati 6 mesi dal primo lockdown ed oggi ci ritroviamo punto e a capo, hanno aggiunto i colori ma la confusione è rimasta la stessa. Fin dall’annuncio del nuovo DPCM si sono cominciate a delineare nuovamente le fronde, quella degli amministratori rigorosi, propensi a chiudere i servizi, e quelli lassisti, favorevoli a continuare i servizi nelle più disparate modalità. In mezzo ci stanno i bibliotecari, sempre più confusi, sempre più in balia di indicazioni contraddittorie che li espongono a rischi da un lato o di interruzione dei contratti dall’altro. Nel rodigino, oltre il 60% dei bibliotecari è precario, assunto da cooperative, che rischia la sospensione del contratto o nella peggiore delle ipotesi il posto di lavoro.
Il cosiddetto “bonus librerie” del Mibact ci aveva fatto ben sperare in una ripresa collettiva e ha permesso l’acquisto di una quantità eccezionale di materiale, con risorse che le piccole strutture potevano solo sognare; i nuovi libri ora si trovano fermi sugli scaffali e non possono essere messi a
disposizione dell’utenza.
Per questo il taglio così netto del servizio di prestito è sembrato ingiustificato, oltretutto perché avvenuto sotto il silenzio dei media che riportavano solamente la chiusura dei “cugini” musei, quasi che quella nostra, di pubblici servizi gratuiti, fosse meno importante. Viene il sospetto che anche le biblioteche siano considerate sacrificabili perché forse “non partecipano allo sforzo produttivo del Paese”.
Con la nostra lettera aperta abbiamo voluto dare un segnale e fare un appello affinché ci sia consentito di continuare a lavorare in sicurezza, secondo regole chiare e condivise. Sappiamo che possiamo farlo, abbiamo imparato a farlo, l’asporto consentito per le attività di ristorazione è
applicabile anche ai nostri servizi, perché non proporlo?
“Libri da asporto” sostanzialmente significa che, come è consentito agli esercizi della ristorazione, gli utenti possono prenotare i volumi richiesti tramite telefono, mail, catalogo online e poi venire a ritirarli su appuntamento presso punti esterni alla biblioteca (anche cancelli, finestre, cortili) predisposti appositamente per ritiro e riconsegna.
Ogni Comune aderente alla modalità “Libri da asporto” verificherà in base alle strutture come meglio allestire questi punti ritiro in sicurezza.
Per gli operatori e gli utenti abituali queste modalità sembreranno scontate e già ben note, ma in un Paese in cui la cultura non fa notizia, è bene dare voce ancora una volta a questo servizio spesso sottovalutato.

Marta Ghirardello

Bibliotecaridelpolesine@gmail.com