What happened in library? Alcune considerazioni

Partecipando al seminario internazionale What happened in library?   si apprende che in Francia, nelle banlieue degradate, le biblioteche pubbliche, un tempo presidio democratico di emancipazione culturale e sociale, vengono a volte incendiate. E’ un evento che non si verifica durante manifestazioni di protesta e di scontri con la polizia, ma notte tempo e con una volontà specifica di colpire questi luoghi con un gesto simbolico drammaticamente forte di protesta e di rifiuto dell’omologazione alla società.

Di fronte a  questo fenomeno ci si domanda se stia venendo meno la scommessa, che almeno da cento anni a questa parte, aveva  caratterizzato le società democratiche. Dalle biblioteche popolari istituite nei primi anni del Novecento per avvicinare i ceti popolari ai libri e alla cultura; alle scuole dei contadini che, nell’agro romano, animate da personalità come  Giovanni Cena e Sibilla Aleramo,  si proponevano di alfabetizzare masse totalmente escluse dalla circolazione delle informazioni; fino al secondo dopoguerra con le lezioni televisive del maestro Manzi, con la grande esperienza  di don Lorenzo Milani e, infine, con lo spirito del sessantotto e l’apertura di scuola e università a tutti. Per un secolo un’idea guida della società contemporanea era stata  dare a ognuno la possibilità di avvicinarsi alla lettura ed alle conoscenze per  saper interpretare la realtà circostante e rendere  i cittadini sempre più consapevoli.

Oggi i  giovani francesi emarginati, che di notte possono dare fuoco alle biblioteche,  imbrattare i muri, incendiare cassonetti o compiere altri gesti di apparente “rottura”, appartengono alle generazioni cresciute  con le televisioni commerciali e  poi a quella degli smartphone e di altri strumenti della post-modernità. Le tv commerciali, con la loro programmazione culturalmente prossima allo zero e tendente a banalizzare la vita stessa, con  programmi “diseducativi” (da “Il grande fratello” a The Apprentice”), hanno edificato  altari a “divinità” quali il protagonismo ad ogni costo, il successo, il profitto economico. I social, nati sull’ illusione della parola data a tutti e dell”’intelligenza collettiva”, stanno alimentando in maniera esponenziale questi fenomeni, sostenendo la dimensione “commerciale” della vita di tutti i giorni ed introducendo rovinosi elementi di alterazione delle coscienze civiche e politiche, con la costruzione di fake news su ogni aspetto della vita associata. Negli ultimi quarant’anni, insomma, la fine del grande compromesso tra capitale e lavoro, che aveva contraddistinto almeno l’Europa occidentale e gli Stati Uniti dal 1945 sino alla meta degli anni settanta, ed il progressivo svuotamento della democrazia, economico-sociale e politica, sono sempre più accompagnati da questi fenomeni di “perdita della coscienza” e di disorientamento culturale.

In accordo a Maurizio Ferraris se dalla società industriale si è passati  alla società dei servizi e ora alla società documediale, in cui i beni  di scambio primari sono i documenti e le informazioni e dominano coloro che le detengono e le veicolano, non deve stupire se i ceti socialmente emarginati si accaniscano anche contro le biblioteche, non comprendendone la loro funzione potenzialmente emancipatrice. Nella infosfera, come  Luciano Floridi definisce  l’attuale condizione della società,  lo scambio di informazioni produce “inquinamento” e dall’informazione non si passa alla conoscenza. In questo scenario i cittadini sono molto più facilmente  manipolabili da chi produce e gestisce le informazioni e le conseguenze sono drammatiche: per la democrazia politica, per lo sviluppo economico, per la pacifica convivenza tra le persone.

Giovani socialmente emarginati hanno una forte incapacità di comprendere le dimensioni di questa nuova situazione e nessun desiderio di cambiarla. E’ noto, d’altra parte,  che più ci si sente esclusi più ci si può adattare allo stato  di cose esistenti, producendo manifestazioni genericamente “ribelliste” che non toccano un ordine sociale profondamente ingiusto. Si moltiplicano anzi l’ostilità o l’attacco a idee, pratiche e  persone che si battono per una società aperta. Per questo “dare fuoco ad una biblioteca” è un fenomeno sommamente regressivo e bisogna, qui ed ora, impegnare tutte le energie intellettuali disponibili per impedirlo.

Riferimenti

  • Denis Merklen, Pourquoi brule-t-on des bibliothèques? Villeurbanne Cedex: ENSSIB, 2013.
  • Jean Fourastie, Les trente glorieuses ou la révolution invisible de 1946 à 1975. Paris: Fayard, 1979.
  • Maurizio Ferraris, Postverità e altri enigmi.  Bologna:  Il Mulino, 2017.
  • Luciano Floridi, La rivoluzione dell’informazione. Torino: Codice, 2012.
  • Luciano Floridi, La quarta rivoluzione: come l’infosfera sta trasformando il mondo. Milano: Cortina, 2017.
  • Angelo Ariemma, Dall’Hi-Fi al Wi-Fi: conoscenza vs informazione, «Scienze & Ricerche», 27(2016), p. 33-40.

 

Angelo Ariemma

CDE “Altiero Spinelli”

Università di Roma Sapienza