Su Bibliothecae.it

Mentre il numero di AIB Notizie stava per chiudersi, Bibliothecae.it è stata pubblicata: l’editoriale ha dato vita a un acceso dibattito su AIB CUR. Ospitiamo un contributo di Antonella Agnoli sull’argomento.

I temi trattati da «Bibliothecae.it» non fanno parte delle cose di cui normalmente mi occupo, quindi mi scuso se intervengo nel dibattito che si è sviluppato in AIB-CUR sull’editoriale della nuova di rivista di Alfredo Serrai, di cui si trova in questo numero di «AIB Notizie» un’intervista.
Apparentemente, è passato un secolo da quando Serrai scriveva (cito a memoria): “Le biblioteche devono essere rivolte a chi è già utente e a chi non lo è”. I non utenti si dividono in cinque categorie: quelli che sono consapevoli delle loro esigenze di informazione ma non hanno le strutture per farlo, quelli che conoscono le loro esigenze ma pensano che non siano le biblioteche i luoghi per soddisfarle, quelli che conoscono le loro esigenze di informazione ma non sanno a chi rivolgersi, quelli che hanno esigenze ma non sono in grado di formularle ed in fine quelli che le avrebbero ma non lo sanno. Erano gli anni Settanta, ero agli inizi del mio lavoro in biblioteca e questa distinzione, che oggi formulerei in modo differente, mi è molto servita per tentare di “costruire” servizi per tutti: utenti e non utenti, pensando soprattutto a come avvicinare questi ultimi. Purtroppo non ho continuato a leggere e studiare gli scritti di Serrai, forse anche perché i percorsi sono diventati sempre più divergenti, come si sono allontanate sempre di più le discipline che aiutano un bibliotecario che lavora in una public library da quelle di chi continua ad occuparsi delle biblioteche di conservazione e di studi legati al libro in quanto oggetto da conservare. L’editoriale, che quindi non avrei mai letto se non fosse rimbalzato in AIB-CUR, mi ha colpita per il suo limpido anacronismo: “Il fatto che sia diffusa la convinzione che la biblioteca debba esercitare anche un ruolo di formazione e di coesione sociale ha contribuito a sospingere l’istituzione bibliotecaria nelle rapide demagogiche di un presunto, automatico ma benefico, contagio del libro nei riguardi degli intelletti immaturi od impreparati.
Si va ripetendo l’illusione che, all’inizio del secolo XVIII, sostenne la fondazione e l’incremento librario delle biblioteche pubbliche francesi, che erano state dotate con i volumi sequestrati alla nobiltà ed al clero”. Vorrei modestamente osservare due cose: primo, l’incremento librario delle biblioteche pubbliche francesi data dagli inizi del XIX secolo (cioè dell’Ottocento) e non del XVIII (che è il Settecento) visto che la rivoluzione avvenne nel 1789. Secondo, la convinzione che la biblioteca debba esercitare anche un ruolo di formazione e di coesione sociale risale alla creazione delle public libraries e quindi ha dietro di sé almeno due secoli di vita: non sembra essere un prodotto degli orribili tempi moderni che hanno sostituito il “bibliotecario inteso come agente di civiltà” con lo “pseudobibliotecario”. Forse Serrai non se n’è accorto ma ci sono stati vari sconvolgimenti, ultimamente: per esempio, dal 1948 l’Italia è una Repubblica e, come tale, ha un certo interesse per la formazione del cittadino e per la coesione sociale. Le riviste di nicchia hanno spesso avuto un ruolo di avanguardia e, di per sé, l’essere di nicchia non è da intendersi come giudizio spregiativo.
Il problema è se la “nicchia” temporale a cui «Bibliothecae.it» fa riferimento si colloca prima della presa della Bastiglia. Lasciamo pure che i dotti accademici pubblichino i loro dotti saggi su riviste che guardano al re Sole: a noi bibliotecari di base così poco considerati tocca il difficile e importante compito di promuovere la lettura, di avvicinare alla lettura chi non legge, di aiutare i cittadini a trovare l’informazione giusta per loro e anche di contribuire assieme alla scuola a formare futuri cittadini e utenti capaci di capire cosa c’è scritto dentro i libri, dentro i giornali, siano essi cartacei oppure on line. Se facciamo bene il nostro lavoro, anche le straordinarie biblioteche-museo avranno, in futuro, persone capaci di “leggerle”.