Fase 2 e Fase 3 nelle biblioteche: alcune considerazioni

Alcune considerazioni di Rachele Arena sulla “fase 2” sulla “fase 3” nelle biblioteche. Nella prima viene analizzato, anche dal punto di vista normativo, lo scenario in cui ci muoviamo.

La fase 1 dell’emergenza Covid-19 nelle biblioteche accademiche italiane è stata affrontata ricorrendo al lavoro agile (o “smart working”). La prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile è stata equiparata alla prestazione di lavoro in modalità ordinaria e questa misura potrebbe essere obbligatoria anche dopo la fase 1 previa l’adozione di tutte le misure di sicurezza necessarie per bibliotecari, utenti e luoghi di lavoro. L’obiettivo è ridurre il rischio del contagio fino alla disponibilità di un vaccino e di farmaci e terapie acclarati dall’OMS. Il lavoro agile è disciplinato dalla Legge 22 maggio 2017 n. 81, artt. 18-23. E’ una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi. La postazione di lavoro può essere costituita non solo da un pc ma anche da tablet o smartphone.

Il lavoro agile è applicabile sia per il settore privato che pubblico; non prevede precisi vincoli di orario o di lavoro; la prestazione lavorativa può essere eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno entro i limiti di durata massima di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. In realtà il Consiglio dei Ministri con il decreto del 1 marzo 2020 ha esteso tale possibilità a ogni rapporto di lavoro subordinato in tutto il territorio nazionale e per tutta la durata dell’emergenza “anche in assenza degli accordi individuali previsti”. Nella fase 1 per ridurre ulteriormente il rischio si è autorizzata anche l’assenza di rotazione in presenza dei lavoratori durante la settimana lavorativa. In linea generale il lavoro agile permette una migliore conciliazione tra vita lavorativa e professionale. E’ un modello di lavoro che utilizza molto la tecnologia nei vari procedimenti di lavoro (internet, smartphone, piattaforme digitali, social network  ecc.). E’ strettamente correlato al telelavoro e da alcuni potrebbe essere considerato addirittura una naturale evoluzione del lavoro. Mentre il telelavoro viene utilizzato esclusivamente  per spostare il lavoro a casa il lavoro agile ha una maggiore flessibilità e consente al lavoratore, pur garantendo la reperibilità, di organizzare meglio il proprio tempo.

Analizziamo l’applicazione della misura in ambito accademico per l’emergenza Covid-19.

Tra i vantaggi c’è sicuramente una maggiore libertà nell’organizzazione del lavoro da parte del  lavoratore e un risparmio delle spese di trasporto per recarsi presso la sede ordinaria di lavoro, punto di forza questo anche per ridurre i rischi dell’uso dei mezzi pubblici per le lunghe percorrenze durante l’emergenza sanitaria in corso.

Tra gli inconvenienti ci sono il rischio di una invasione del lavoro nella vita personale del lavoratore e un isolamento determinato dal mancato contatto con i colleghi se non quello virtuale. C’è un risparmio per l’azienda che però si traduce in alcune spese per il lavoratore (es.: costo delle forniture di rete internet e/o di corrente elettrica) oltre che di usura degli strumenti informatici propri: in alcuni casi infatti gli strumenti informatici non vengono forniti dal datore di lavoro ma sono i lavoratori stessi a mettere a disposizione quelli propri (il proprio pc o il proprio smartphone ad es.) autocertificando di avere la disponibilità di una interconnessione stabile e/o garantendo la comunicazione e lo scambio di dati in tempo reale. Questo è tuttavia un onere sopportabile, sempre che si abbia a casa la disponibilità di un pc, di un tablet o di uno smartphone, considerato che la tutela della salute è un diritto fondamentale dell’individuo e un interesse della collettività sancito della nostra Costituzione (art. 32 Cost.), un bene primario da tutelare sempre ma soprattutto in periodi di pandemia.

Il lavoratore non è tenuto a garantire la disponibilità e l’uso di stampanti e scanner propri durante la prestazione di lavoro agile: questo vuol dire che tutti i procedimenti di lavoro gestibili da remoto da una biblioteca accademica possono essere solo quelli che non richiedono scansioni o stampe tenuto conto che in caso contrario le spese di materiale di cancelleria (carta) e di toner (per le stampe) sarebbero state un ulteriore onere per il lavoratore.

Esclusi quindi quei servizi e procedure che richiedono la disponibilità fisica del libro cartaceo e che richiedono stampe e scansioni tutto il resto può essere tranquillamente gestito da remoto. Nei prossimi giorni analizzeremo i principali servizi e attività di un bibliotecario in una biblioteca accademica in lavoro agile per capire come possono essere gestiti.

Rachele Arena

rache2017@libero.it