L’altro libro: un seminario a Potenza

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo contributo sul seminario svoltosi a Potenza, presso l’Università della Basilicata, il 16 dicembre 2021, tenuto da Federica Olivotto e dedicato alla struttura, alla gestione e alla catalogazione del libro cinese “a legatura cucita”.

Il 16 dicembre 2021 la Biblioteca centrale d’ateneo dell’Università della Basilicata ha ospitato il seminario dal titolo L’altro libro: struttura, gestione e catalogazione del libro cinese “a legatura cucita”, tenuto da Federica Olivotto, sinologa, bibliotecaria tanto dell’Associazione Italiana Biblioteche quanto dell’ISMEO (Associazione internazionale di studi sul Mediterraneo e l’Oriente) per la “Biblioteca IsIAO” – Sala delle collezioni africane e orientali presso la Biblioteca nazionale centrale di Roma. La lezione è stata organizzata nell’ambito del Laboratorio di biblioteconomia digitale e ricerca bibliografica del Dipartimento di Scienze umane dell’ateneo.

All’incontro, che si è svolto sia in presenza sia online ed è stato moderato dalla prof.ssa Antonella Trombone, docente titolare del Laboratorio, hanno partecipato dottorandi e studenti delle lauree magistrali dell’Università della Basilicata, in particolare quelli del Laboratorio di biblioteconomia digitale, bibliotecari, e il prof. Fulvio Delle Donne, direttore della Biblioteca centrale di ateneo. Gli interessi di studio e di ricerca della dott.ssa Olivotto vertono sulla storia delle biblioteche di eminenti orientalisti, come quella di libri cinesi di Lodovico Nocentini conservata presso la Biblioteca del Dipartimento Istituto italiano di studi orientali di Sapienza Università di Roma, e il Fondo Tucci della “Biblioteca IsIAO”. Cogliamo volentieri l’invito della nostra docente a pubblicare il resoconto del simposio poiché riteniamo che il tema trattato sia di interesse per studenti, bibliotecari, archivisti e storici dell’arte, che sempre più frequentemente si trovano a lavorare su fondi eterogenei, cioè su insiemi coesi di documenti dalle molteplici forme, tipologie, supporti.

Prima di soffermarsi sulle specificità di carattere bibliologico che differenziano il libro tradizionale cinese da quello occidentale, l’argomento è stato introdotto attraverso una panoramica delle maggiori raccolte di libri in lingua cinese, pubblicati in Cina, presenti nelle biblioteche italiane, indicando un numero non irrilevante di notizie bibliografiche relative a questo tipo di materiale già presenti nell’OPAC SBN (allo stato attuale oltre 31.000). È stata poi fornita un’analisi dei supporti scrittori impiegati in Cina prima della comparsa della carta (invenzione tradizionalmente attribuita a Cai Lun nel 105 d.C., ma certamente già precedentemente utilizzata) – tavolette di legno, liste di bambù, rotoli di seta e carta – nonché degli strumenti utilizzati per la scrittura (lo stilo di legno, il coltello utilizzato per cancellare raschiando, il pennello per l’utilizzo dell’inchiostro). I due tipi di rotolo si differenziavano tra loro per il solo fatto che quelli in seta erano costituiti da una striscia di tessuto realizzata su misura per supportare il testo, al contrario di quelli in carta composti da fogli di misure standard incollati l’uno all’altro. Tutti questi formati hanno convissuto per lungo tempo, fino alla loro sostituzione con un formato “piatto” di libro, la cui comparsa fu certamente influenzata dal libro indiano su foglie di palma (poṭhī) e, al contempo, dall’invenzione della stampa xilografica sotto la dinastia Tang (618-907).

L’evoluzione di questa nuova tipologia di supporto ha visto il susseguirsi di diversi formati: il libro “a fisarmonica”, il libro “a farfalla”, il libro “con dorso coperto” e, infine, quello denominato “a legatura cucita”. Il libro “a fisarmonica” (jīngzhé zhuāng), chiamato anche “legatura sutra”, fu particolarmente utilizzato per testi buddhisti e una sua peculiare variante è la legatura “a vortice”. Il libro “a farfalla” (húdié zhuāng), dotato di una copertina rigida con il titolo riportato sul piede, invece ben si adattava ad essere impiegato per opere illustrate e cartografiche. Sua evoluzione è il libro “con dorso coperto” (bāobèi zhuāng), che presentava una copertina non rigida che copriva anche il dorso e le cui pagine, stampate solo su un lato, erano legate mediante rotolini di carta imbevuti di colla. Con il tempo questo tipo di legatura fu perfezionato con l’aggiunta di una cucitura a punti lunghi che passava attorno al dorso, al piede e alla testa del volume: è il libro “a legatura cucita” (xiàn zhuāng).

Questo formato più recente è stato utilizzato per un lungo periodo – dalla fine del XVI sec. al XIX secolo, prima dell’introduzione del libro occidentale – grazie ai suoi notevoli vantaggi: la caratteristica leggerezza, flessibilità e maneggevolezza, la resistenza della legatura, l’autonomia delle sue parti, la facilità con cui poteva essere restaurato. I libri in questo formato erano composti da un certo numero, che poteva essere anche consistente, di fascicoli che venivano riposti sugli scaffali per orizzontale, con il titolo riportato anche sul piede, e solitamente custoditi in apposite custodie in cartone o in legno.

A seguito della prima parte bibliologica, l’intervento è proseguito analizzando alcuni aspetti specifici della catalogazione del materiale bibliografico in lingua cinese. Come noto, la traslitterazione è necessaria nel caso di lingue con scritture in alfabeti non latini o non alfabetiche; nel caso del cinese, per quanto sia unanime l’accettazione integrale del pīnyīn come norma di trascrizione (come prescritto dallo standard UNI ISO 7098:2005), la sua applicazione non è esente da problemi, principalmente legati al fatto che si tratta di un sistema di tipo fonetico. Ciò può produrre ambiguità nel caso di una lingua, quella cinese, in cui parole omofone non sono necessariamente omografe, rendendo non sempre chiare alcune espressioni riportate nella scheda catalografica, oppure comportando casi di omonimia nella trasposizione dei nomi personali. Pertanto, sebbene l’adozione di un sistema di conversione in alfabeto latino dei caratteri della lingua cinese (latinizzazione), che consenta una trascrizione standardizzata in ambito catalografico, sia una prassi ormai consolidata, non risolve però l’inconveniente della sostanziale inefficacia di un catalogo che rinunci all’utilizzo della scrittura originale in caratteri cinesi. Il problema ha riguardato le scelte catalografiche intraprese dalle maggiori biblioteche internazionali con raccolte bibliografiche in lingua cinese, ma nei cataloghi italiani rimane tuttora irrisolto e richiede dunque una riflessione.

In merito alla compilazione della scheda catalografica sono state analizzate, in particolare, le aree ISBD obbligatorie (1, 4, 5) e le modalità per individuare le intestazioni e le indicazioni di responsabilità, per le quali è necessario conoscere la struttura dei nomi cinesi e provvedere a rinvii per ovviare al problema delle differenti modalità di trascrizione dei caratteri cinesi adottate dai singoli paesi e in diversi periodi di tempo.

La lezione è risultata coinvolgente non solo per l’interesse del tema trattato ma anche per l’opportunità unica di poter visionare da vicino facsimili e originali dei supporti scrittori descritti. Si è potuto, inoltre, constatare quanto la catalogazione delle pubblicazioni in lingua cinese sia un’attività complessa che richiede tanto abilità linguistiche, quanto una formazione adeguata e lo sviluppo di competenze specifiche, oltre a uno scambio delle reciproche competenze tra bibliotecari ed esperti nella lingua.

Abstract: This article offers an account of the seminar hosted in Potenza (December 16, 2021), at the Central Library of the University of Basilicata, entitled The other book: structure, management and cataloguing of the Chinese book “with stitched binding” held by Dr. Federica Olivotto, sinologist and cataloguing librarian.

Daniele Asproni, Luigi Bruno, Valentina Marinaro, Francesca Olivieri, Martina Storione.